5 band di cui non si parla abbastanza

(A sto giro, di quelle vecchie e inglesi…)

Benvenuti ad una nuova rubrica in cui tento con le mie poche forze di rendere giustizia ad alcune band ingiustamente poco considerate (almeno qui in Italia, magari all’estero sono disco di platino) e che meritano una riscoperta. Attenzione: non punto a prendere in considerazione band totalmente sconosciute o con magari solo un singolo o una demo all’attivo (stile Killed By Death insomma), ma band che abbiano avuto qualche uscita discografica e un’esistenza non troppo effimera. Girerò un po’ il mondo, mischiando band nuove e vecchie, ma per non sconvolgere troppo le vostre delicate testoline inizio dalla classica Inghilterra.
PS: le band sono in puro ordine alfabetico, non di apprezzamento

NON ITALIAN READERS PAY ATTENTION: this time the article is too long to insert the english traslation in red as usual. I’ll publish an english version in the next days. Sorry mates

CASE

LA STORIA

“The best live band you’ve never heard of”… beh io non li ho mai visti live, ma mi basta la loro (ridottissima a dire il vero) discografia per includerli senza dubbio nella lista!

I Case si formano nell’estate del 1979 a Croydon, un sobborgo a sud di Londra, una di quelle zone che non ho capito se siano da considerarsi Londra o meno… passano un po’ di tempo a riempire i paraggi di graffiti e a suonare in locali di ultraperiferia tipo il Croydon Star o il Woolwich Tramshed, dove nell’aprile del 1981 suonano di spalla ad un altro eroe locale, Johnny Moped, e vengono notati da Garry Bushell che ne parla su Sounds come “the best young band I’ve seen since Bad Manners, Tenpole Tudor and the 4-Skins”. Uno dei punti di forza del gruppo è la verve del cantante Matthew Newman, che sulla zine “Punk’s not dead” viene descritto come “…incredible to watch. One minute he’s Buster Bloodvessel, the next Ronnie Kray. A clown and a criminal, a nut-case and a hardcase all rolled into one, leaping into the audience and rolling round the floor with a snatch of enthusiastic punky punters”. Gli altri membri della band sono Rob Brook alla chitarra e alle tastiere, Marc Adams al basso, Martin Parrott alla batteria (poi sostituito da Derwent Jaconelli, già con i Long Tall Shorty) e Micky Donnelly al sassofono.

La band ha un certo seguito live, ma viene bandita dal Marquee dopo un paio di concerti (si dice clamorosi), perché commette l’imperdonabile offesa di fare un bis nonostante il locale vietasse i bis (!!!???).

Nel 1983, finalmente, la band entra in studio per registrare quello che rimane il loro unico disco ufficiale degli anni 80, l’EP “Wheat from the chaff”, che contiene 3 pezzi memorabili come “Oh”, “Smiling my life away” e “Criminal ways” (si aggiunge in studio un secondo sassofonista, Neil Pyzer). Lo stile della band è difficilmente definibile: la base è un punk melodico con cori di stampo oi!, ma tutto è arricchito da stacchi off beat e da ammiccamenti quasi new wave… un gran casino, che però funziona alla grande!

Il disco, nonostante sia autoprodotto dalla band (che aveva ricevuto delle offerte ma voleva fare tutto “in casa”), vende molto bene, i pezzi vengono trasmessi in radio e addirittura la band viene invitata ad una sessione live per Radio One (cosa quasi unica per una band senza casa discografica) che viene trasmessa due volte dalla BBC. Nonostante Newman affermi che i Case abbiano in cantiere nuovi pezzi per un nuovo singolo o addirittura un LP, la band si scioglie improvvisamente.

I membri rimangono attivi (Jaconelli suona con gli Angelic Upstarts, Donnelly e Pyzer suonano con Spear of Destiny, Rob con Johnny Moped e poi con i Ruts insieme a Matthew Newman, con cui fonda anche i Dirty Love), ma non ci sono notizie dei Case fino al 2011, quando piuttosto inaspettatamente Rob Brook e Martin Parrott convincono Matthew Newman a tornare sulle scene, pubblicando prima il raccoltone “I ain’t gonna dance” e poi, l’anno successivo, un 7” nuovo di zecca, “Grow or die”. La band suonerà alcuni concerti, il primo al 100 Club con Infa Riot e Riffs, e poi alla Skinhead Reunion di Brighton e un paio di volte al Rebellion, dove nel 2014 faranno l’ultimo concerto live prima di tornare in letargo.

POSSIBILITA’ DI RIVEDERLI LIVE

60%
Sebbene i Case non diano notizie dal 2014, secondo me prima o poi si convincono a fare un’altra data. Hanno una pagina facebook più o meno attiva e ogni tanto salta fuori un loro pezzo dagli archivi (poco tempo fa è stato il turno di “I don’t wanna kill the whales” nella compilation dedicata alla scena di Croydon “Are they hostile?”); secondo me gli serve solo una buona proposta, o una buona scusa.

DISCOGRAFIA CONSIGLIATA

Non essendo la loro una discografia sconfinata, la miglior cosa è appropriarsi della raccolta “Ain’t gonna dance” uscita su Damaged Goods nel 2011. La qualità audio è inaspettatamente alta, considerando che si tratta di live e demo, e il godimento è assicurato; vi consiglio la versione CD che include anche il favoloso EP “Wheat from the chaff”

GYMSLIPS

LA STORIA

Formate all’inizio del 1981 (qualcuno dice 1979) dalla chitarrista/ cantante Paula Richards, dalla bassista/cantante Suzanne Scott e dalla batterista Karen Yarnell, le Gymslips sono uno dei segreti meglio custoditi del punk/oi inglese. Debuttano suonando vestite da scolarette (!) in alcuni concerti nei pub, a quanto pare talmente terribili che i proprietari staccavano la corrente perché il pubblico non ne poteva più! Ad aprile 1981 però Robbi Millar di Sounds recensisce molto bene un loro concerto e nota che hanno una canzone (“Routine”) “which is every bit as Oi as Infa Riot”, per cui, nonostante avessero rifiutato la partecipazione alla compilation “Carry on oi!” per non essere etichettate sbrigativamente come gruppo oi!, la band acquisisce improvvisamente un seguito skinhead.

“At the very next gig we came out from the dressing room and the place was packed with skinheads. We thought they must have come for the support band, but they all started getting into us, and that was it” ricorda Paula. Le Gymslips decidono di autonominarsi “Renees” (nome una volta usato per chiamare le modettes dell’east end) e si descrivono così alla stampa “Renees are working class girls wh drink a lot, smoke a lot, fart, pick their nose, wear smelly socks and belch… anyone like us!”

Ad ottobre 1982 esce il loro primo singolo, la cover di “48 crash” di Suzi Quatro (loro volevano usare “Dear Marje”, ma la casa discografica insistette per la cover), che viene votato come “Single of the week” sul Record Mirror e che attira l’interesse di John Peel, che inviterà la band a ben 5 “Peel sessions”. Nel mentre Paula appare sulla copertina del disco di debutto del suo ragazzo (il bassista Gary Sandbrook, che ricambia la cortesia apparendo nel video di “Dear Marje”), niente meno che “A touch of class” degli Ejected .

Nel 1983 registrano prima un nuovo singolo (“Big sister”) e, il 23 aprile, esce il loro album, “Rocking with the Renee”. Il disco è una gemma di pop-punk melodico, un perfetto incrocio tra le Runaways e i Crack, con testi esilaranti e scanzonati (“Whisky makes you frisky/ Gin makes you sin/ Brandy makes you randy/ And rum makes you…?” da “Drink problems”) e una sezione ritmica che sa decisamente il fatto suo. Guardate con gli occhi di oggi le Gymslips sono molto più rivoluzionarie come all female band di gruppi come L7 o altro, e non gli serve nemmeno toccare argomenti politici!

Al trio si unisce Kathy Barnes alle tastiere (“she was autioned and she was pretty useless, but walked in holding a can of beer so she got the job”) e la band suona dal vivo con gruppi come Pogues, Time UK, The Truth e roba new wave come Haircut 100 e Modern Romance; Suzanne però abbandona la band e viene sostituita da Karen Kay. Dopo poco lascia anche la batterista, Karen (che finisce a suonare con i Serious Drinking), e nel 1985 esce quello che sarà l’ultimo singolo della band, “Evil eye”, lontanissimo dal suono originale della band, una sorta di post punk con pure i synth e tanto di video in cui appaiono conciate in pieno stile goth. La band si scioglie di lì a poco, con Paula che suonerà in due ottime ska band quali Potato 5 e Deltones.
Fun fact: la seconda bassista, Karen, ora scrive libri fantasy per bambini che parlano di fatine e sirene!!!

POSSIBILITA’ DI RIVEDERLE LIVE


0%
Proprio mentre scrivevo queste righe ho scoperto che la cofondatrice della band, Suzanne Scott, è venuta a mancare nel 2021. Oltre a dispiacermi un sacco, ritengo che se già prima era molto difficile una reunion, ora la vedo impossibile.

DISCOGRAFIA CONSIGLIATA

Il cd della Captain Oi! “Rocking with the Renees- The punk collection” raccoglie il loro LP + le canzoni tratte dai 7” e alcuni inediti, quindi direi che è il massimo.

NOTSENSIBLES

LA STORIA

Nati “to make silly records and play silly gigs” a Burnley, Lancashire (ma facenti parte a tutti gli effetti della scena punk di Manchester) nel 1977, i Not Sensibles comprendevano i due membri fondatori Sage (Stephen John Hartley, chitarra) e Rog (Roger Christian Rawlinson, tastiere), più Haggis (Richard Hargraves, voce), Gaz (Gary Anthony Brown, basso) e Kev (Kevin Hemingway, batteria).

Il quintetto debutta nell’ottobre 1979 con un disco che li consegnerà alla storia, ovvero il 7” “I’m in love with Margaret Thatcher” (con B Side la cover del pezzo folk “Little boxes” e “Garry Bushell’s band of the week”). La prima tiratura di 1000 copie viene bruciata in pochissimo tempo, e qualche mese dopo il singolo viene ristampato, arrivando a vendere oltre 10.000 copie e rimanendo nella classifica indie per qualcosa come 23 settimane. La cosa più divertente di tutte, però, è il fatto che il singolo entrerà nella classifica generale dei singoli (al numero 35) il 20 aprile 2013, cioè quasi 34 anni dopo la sua uscita, in occasione della morte della lady di ferro, spinto anche da una parte dei conservatori inglesi che volevano renderle omaggio e che travisarono completamente il senso della canzone (d’altro canto stiamo parlando dello stesso popolo che ogni 2 anni crede davvero alla solita tiritera del “it’s coming home”… scherzo amici inglesi, la prossima volta la coppa sarà vostra, qualunque essa sia).

Al successo del 7” seguono altri due notevoli e follemente divertenti singoli (in particolare “I thought you were dead”) e un ottimo LP quale “Instant classic”. Un punk sghembo, elementare, dai ritmi saltellanti e farfuglianti, a metà strada tra ’77 e post punk, con melodie che ti si impiantano in testa senza pietà e dai testi deliranti, diretti anticipatori del “punk pathetique” di Splodge, Gonads e affini.

Nel 1981 (dopo un ulteriore singolo e una Peel session) la band si scioglie, per riformarsi poi il 27 agosto 2005 per un concerto al loro pub preferito, il Railway Workers. Da allora ogni tanto organizzano qualche serata dal vivo, con la formazione originale.
Fun fact: nel 2015 Hargraves si è candidato a Burmley per le elezioni locali con il partito dei Verdi, prendendo circa 850 voti (ne servivano 12000 per essere eletto).

POSSIBILITA’ DI RIVEDERLI LIVE

100%
Oh, se avete voglia di andarli a vedere ogni tanto suonano, a volte solo Sage e Rog con un set di loro canzoni (non ho idea di come siano) e qualche classico dei Notsensibles, e a volte con l’intera lineup (l’ultima volta in un concerto tributo a Pete Shelley con Fast Cars e Drones). Di solito facevano anche parte del carrozzone del Rebellion, ma quest’anno non sembrano in cartellone.

DISCOGRAFIA CONSIGLIATA

Il meglio sarebbe il raccoltone della Anagram su CD “Instant punk classics”, ma non è facile da trovare; sempre su CD c’è il “Singles remasters” autoprodotto dalla band. L’altra alternativa è accattarvi una copia usata dell’LP (mai più ristampato) “Instant classics”, ma così vi perdete alcuni singoli notevoli.

PIRANHAS

LA STORIA

Giugno 1977, nel giorno del Giubileo non c’è solo la crociera dei Sex Pistols a Londra: al Vault di Brighton due nuove band, Wrist Action e Piranhas, lanciano l’Anti Jubilee Day, con tanto di timbri all’ingresso che recitano “Fuck the jubilee”!

La band debutta sulla compilation “Vaultage 78”, dedicata ai nuovi gruppi punk di Brighton (alla quale partecipano anche i Peter & The Test Tube Babies), ed è formata da “Boring” Bob Glover alla voce, John “Johnny” Helmer alla chitarra (e seconda voce), Reginald Frederick Honsbury al basso, Dicke Slexia (vero nome Richard Adland) alla batteria e Zoot Alors al sassofono, che si aggiunge alla band mentre il suono si evolve dal punk degli inizi ad un punk influenzato dallo ska e “sporcato” di power pop.

Grazie ai passaggi in radio di “I don’t want my body” (una delle tre canzoni incluse nella compilation) garantiti dal solito John Peel, la band riesce a spuntare un contratto con la Virgin, che fa uscire il singolo “Space invaders” nel 1979 ma che li scarica qualche mese dopo quando il disco non vende come sperato. A quel punto la band fa uscire due singoli per la Attrix, ma l’etichetta non ha i fondi per produrre il loro album, e a quel punto interviene la Sire. Prima dell’album esce il singolo “Tom Hark” basato su un vecchio pezzo folk sudafricano, già portato al successo in UK in versione strumentale (il sassofonista Zoot Alors lo scova tra i vecchi dischi della madre); i Piranhas lo incidono con un nuovo testo (che inizia con la quanto mai attuale “Does anybody know how long to World War Three?/ I wanna know, I’ve gotta book me holidee”) e il disco spopola, soprattutto perché viene adottato come canto in tutte le terraces d’Inghilterra, a partire dalla curva locale del Brighton & Hove Albion.

Il singolo vende oltre 300.000 copie, arriva alla sesta posizione in classifica, la band appare a Top Of The Pops (dove il batterista suona con dei pesci finti al posto delle bacchette), va in tour coi Jam e poco dopo fa uscire il suo unico album, “Piranhas” (che raggiunse il 69° posto in classifica). Il risultato dell’album si rivela deludente per la Sire, che spingeva per “normalizzare” il gruppo e renderlo una band per famiglie, per cui i Piranhas tolgono il disturbo e fanno uscire un singolo per la Dakota, “Vi gela gela” che però non entra in classifica. La band se ne va e rimane solo Boring Bob che con un’altra linea up registra il singolo “Zambesi” che entra in classifica al numero 17. Ma è solo il canto del cigno, e la band si scioglie definitivamente.

Nel 2005, con il nome di Seagulls ska, Boring Bob, Attila The Stockbrocker e alcuni membri della locale ska band Too Many Crooks reincisero “Tom Hark” con il titolo “Tom Hark (We want Falmer)” e un nuovo testo, tutto per raccogliere fondi per il nuovo stadio del Brighton & Hove Albion FC.

POSSIBILITA’ DI RIVEDERLI LIVE

60%
Nel 2019 una band chiamata Piranhas 4, con Boring Bob come unico membro della band originale ha fatto un concerto a sorpresa al 100 Club. Secondo me Boring Bob dev’essere uno di quelli che al pub parla sempre di quando aveva un gruppo, quindi se gli arriva una buona offerta e trova qualcuno che lo segue si rimette a suonare. Gli altri non credo siano interessati, anche se John Helmer era rimasto per un periodo nel mondo della musica, scrivendo i testi per il gruppo prog rock dei Marillion. Il batterista Dicke Slexia è purtroppo morto di cancro nel 2018.

DISCOGRAFIA CONSIGLIATA

Per i fan è uscito un goduriosissimo cofanetto dell’Anagram con 4 CD, “The complete collection”. Altrimenti potete optare per la ristampa su LP della Mad Butcher (senza “Tom Hark” e, immagino, senza uno straccio di booklet come tutte le ristampe della Mad Butcher) oppure per l’album “Piranhas” usato, che su Discogs viene via a niente.

SERIOUS DRINKING

LA STORIA

I Serious Drinking, il cui nome viene preso dal titolo di un articolo di giornale sui Cockney Rejects (che saranno poi citati anche in “Love on the terraces”: “She liked football/ She liked scooters/ She liked A Certain Ratio/ She liked the Cockney Rejects”) o, secondo altri, dal finale delle interviste di Garry Bushell, che finivano immancabilmente con il nostro che invitava le band al pub per “some serious drinking”, nacquero nel febbraio 1981 a Norwich, da degli studenti dell’università dell’East Anglia. Sono uno dei miei gruppi preferiti in assoluto, anche a causa dell’alone di mistero che circola su di loro, viste le scarse informazioni che li riguardano.

La formazione originale comprendeva Martin Ling e Eugene Rodgers al canto, Andy Hearnshaw (chitarra), Jem Moore (basso), Pete Saunders (tastiere, ex Dexy’s Midnight Runners, con cui aveva registrato il disco d’esordio, “Searching for the young soul rebels”) e Lance Dunlop (batteria). Erano tra i favoriti di John Peel, che li chiamò 4 volte alle sue Peel Sessions e che inserì “Love on the terraces” al numero 38 delle Festive Tracks del 1982.

Debuttano su disco nell’ottobre 1982 con il singolo già citato “Love on the terraces” (prodotto dal bassista dei Madness Mark “Bedders” Bedford) , una canzone ska meravigliosa, e con un lato B all’altezza come il canto da stadio riadattato in chiave punk “Bobby Moore was innocent”, un gioiello che rimarrà sempre nell’Olimpo delle canzoni. L’anno successivo rincarano la dose con il singolo “Hangover” (che raggiunge la quarta posizione nella indie chart), dall’inequivocabile copertina e dal lato B altrettanto esplosivo (lo ska “Don’t shoot me down” e il countrypunk di “Baby I’m dying a death”) e soprattutto con l’inarrivabile album “The revolution starts at closing time”, una miscela esplosiva di punk e follia come raramente se ne sono viste al mondo.

Il loro stile è per metà ska e per metà punk 77 con elementi pop e cori da stadio, accompagnato da testi che potrebbero benissimo essere scritti dai Monty Python al bancone del pub di quartiere, e i cui argomenti sono il calcio e l’alcool.

Lance Dunlop (rimpiazzato dalla nostra vecchia conoscenza delle Gymslips Karen Yarnell) e Jem Moore lasciano, ma la band ha ancora tempo di far uscire il 7” “Country girl became drug and sex punk” che riesce comunque ad entrare nella top ten della indie chart (al numero 8) e il miniLP “They may be drinkers, Robin, but they’re also human beings”. A quel punto la band si scioglie senza clamore, tornando nel 1992 con il singolo registrato in Germania (?) “Where have all the donkey jackets gone” (no, non una cover degli Slaughter & The Dogs). Nel 1996 la Damaged Goods tira fuori un singolo (“Back home/ Cinnamon stick”) a nome di una improbabile quanto gustosa Serious Drinking Euro ’96 Squad, ovvero la riedizione della canzone del mondiale 1970, “Back home”, ma non è ben chiaro quanti membri della band fossero dietro al progetto (che comunque si esaurì con il singolo).

A parte Pete Saunders (che negli anni ha collaborato con Damned, Carmel e con il side project di Jake Burns degli SLF), degli altri membri non ho alcuna notizia.

POSSIBILITA’ DI RIVEDERLI LIVE

Visto il loro persistente e ostinato silenzio penso 0%. Ma io ci voglio credere e dico 0,1%

DISCOGRAFIA CONSIGLIATA

La cosa migliore sarebbe la versione in doppio CD di “The revolution starts at closing time” uscita per la Cherry Red nel 2011, che comprende tutta la loro discografia, ma la vedo in giro solo a prezzi assolutamente folli, quindi intanto prendetevi la versione LP dell’album e poi dirigetevi sull’ottimo “Stranger Than Tannadice: The Hits, Misses And Own Goals Of Serious Drinking”, che raccoglie un po’ tutti i loro singoli. Certo, secondo me dovreste direttamente farvi tutta la discografia, ma io sono di parte…

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