-
Partirò per Bologna 2024
Banda Bassotti + Brigada Flores Magon + Bluebeaters + Uppertones + Gang + Dalton + Magnetics + Zona Popolare + Montelupo, Estragon, Bologna 20.04.2024
Oh boh, se hanno funzionato gli articoli precedenti procediamo anche con questo. Eccoci di nuovo sul luogo del delitto alla nuova edizione del Partirò per Bologna, abbiamo fatto 30 facciamo 31, come si usa dire. Arriviamo all’Estragon dopo un viaggio con una media di 40 gradi (ah come li rimpiangeremo nei giorni successivi) ed entriamo appena prima che si scateni la tempesta. Hanno appena aperto, per cui dentro c’è ancora poca gente, un paio di giri veloci e attaccano a suonare.
I primi sono tali Montelupo, il cantante è quello del Muro del Canto (oppure è il suo gemello con le stesse corde vocali), fanno cover in chiave folk di canzoni ottocentesche anarchiche, il che è apprezzabile pure per circa 3-4 minuti, dopodiché personalmente mi scasso le palle e rimpiango la tempesta; comunque in generale non c’entrano un cazzo con questo blog (la famosa “linea editoriale” cioè si parla di musica sottoculturale e stop, non usciamo dal seminato… e daje di risate e colpi di gomito) e quindi passiamo oltre.
E per oltre intendo gli Zona Popolare feat Rude dei mai troppo rimpianti Ghetto 84 (che poi ogni tanto ì Ghetto suonano ancora, ma secondo me ì Ghetto 84 potrebbero suonare ad ogni concerto Oi è ancora non sarebbe abbastanza e poi io rimpiango un po’ il cazzo che mi pare e piace). Gli Zona Popolare hanno qualche pezzo fico e qualche pezzo che non mi ha mai detto nulla, però con un personaggione come Rude acquisiscono quella marcia in più che me li fa apprezzare davvero tanto, e poi finiscono con la cover di “Feccia” dei Ghetto, e insomma che ve lo dico a fare… bravi bravi.
Secondo gruppo sono i Magnetics feat. Bunna (Africa Unite). Peccato che Bunna non si vedrà manco per sbaglio (peccato sì, perché ero curioso di vedere sto featuring); non solo, ma non verrà nemmeno citato da Olly e soci, il che contribuirà a far girare voci incontrollate che daranno il rasta torinese impegnato nel battere 20 a 0 la nazionale inglese segnando di testa su calcio d’angolo… come sapranno i frequentatori assidui di questo blog, i concerti dei Magnetics al sottoscritto piacciono o non piacciono a seconda dell’influenza degli astri, in questo caso probabilmente Venere era in linea con Plutone o chissà cosa si dice in questi casi, perché il concerto l’ho apprezzato, buona scelta dei pezzi e buona riuscita, almeno a mio parere.
Andiamo avanti coi Dalton, che ci regalano un’ottima (anche se breve) prestazione, energica e rabbiosa. Pochi fronzoli, apprezzo che nonostante fossero in pratica l’unico gruppo Oi della serata, se la siano giocata onestamente fino in fondo senza addolcire il loro suono (che poi non fanno propriamente Oi nemmeno loro, ma forse avete capito quello che intendo dai). Verso la fine del concerto Giallo ruzzola felice tra la folla. Non fanno “Marianne”, che secondo me è una delle più belle canzoni Oi degli ultimi anni (e anche oltre) ma vabbè, non si può avere tutto. Chiusura con bis (sembrerebbe non previsto) con “Estate”.
Si passa ai Gang, che con mio sommo dispiacere sono in versione acustica e non con la band al completo. Dico con mio sommo dispiacere perché li avevo già visti qualche mese fa in versione acustica e non che mi fossero dispiaciuti, ma speravo che a sto giro suonassero con tutti i crismi… niente da fare. In queste vesti quindi non sto a recensirli perché esulano dal nostro contesto. Suonano pochissimo e (e qui mi dispiace davvero) non fanno “Sesto San Giovanni” che è tipo una delle 10 canzoni più belle della storia. Peccato.
Tocca agli Uppertones, anche loro un trio ma loro suonano proprio così di loro, quindi non c’è da stupirsi. Devo dire che nel contesto del festival di oggi secondo me sono un po’ pesci fuor d’acqua, il loro è un misto di generi, swing, ska, reggae, soul, boogie, rock and roll e boh, aggiungete più o meno qualsiasi altro genere e sicuramente nel calderone di T-Bone e soci qualche influenza ce la trovate… un mix raffinato e stiloso ma non molto “militante” diciamo così. A me piacciono, non da strapparmi i capelli (che non ho) ma sicuramente un buon intermezzo intrigante, anche se forse il loro set è stato un po’ troppo lungo (me ne perdo un pezzo anche per concedermi qualcosa da mangiare, che la serata è lunga). La scelta di non avere basso e chitarra ad un certo punto fa perdere un po’ di mordente, diciamo così (poi per carità Phil Cuomo è bravissimo al piano, ce ne fossero).
A questo punto spazio ai Bluebeaters, che non avevo mai più visto dai tempi del Giulianone Palma, pensate un po’, si parla della preistoria. Ecco, devo dire che loro non mi hanno convinto. Il nuovo (vabbè, nuovo si fa per dire) cantante per essere bravo è bravo, ma non mi piace, non mi piace come è vestito, non mi piace come presenza sul palco, non mi dà emozioni. Spiace perché la qualità dei musicisti è davvero molto alta, e alcune canzoni sono innegabilmente buone, ma non scatta la scintilla tra me e la band. E anche il suono ogni tanto (le canzoni più recenti) sembra un po’ troppo patinato. Per onor di cronaca devo anche riportare che molti hanno apprezzato e sotto il palco si skankeggiava assiduamente.
Si ritorna al punk/oi con l’unico gruppo estero, i Brigada Flores Magon dalla Francia (avrei detto Parigi, ma da quanto ne so ora i BFM vivono sparsi per tutto il territorio d’oltralpe). Nonostante sia risaputo che io adori l’oi! francese, i Brigada non sono mai stati tra i miei gruppi preferiti; ho sempre ascoltato diversi loro pezzi e in certi casi li ho apprezzati, ma sono sempre stato un po’ freddo nei loro confronti. In parte anche perché, e ora devo spiegare bene perché altrimenti rischio di scatenare delle polemiche sterili e non volute, ritengo che i Brigada e la RASH francese/parigina abbiano fatto negli anni anche dei danni alla scena francese. E non perché “comunisti cattivi”, “gli antifascisti sono i veri fascisti” o altre frasi fatte del genere, ma perché in certe occasioni ritengo che sia meglio unire, o almeno provare a farlo, che dividere pretestuosamente, senza richiudersi nella torre d’avorio della purezza fomentando divisioni. Io capisco anche l’epica dei redskins parigini, le difficoltà di una scena come quella francese che era diventata per un periodo ricettacolo di fascismi vari, ma finito un certo periodo in Francia c’è stata anche una caccia alle streghe poco giustificabile, e si è assistito alla trasformazione di parte della scena skinhead in qualcosa di basato esclusivamente sulla politica. Infatti ad esempio quando i BFM salgono sul palco a livello stilistico sembra di vedere la peggio band hardcore, tra pantalonacci corti e canotte. Ma, tolto questo particolare, i Brigada Flores Magon fanno un concerto della madonna. Potenti, precisi, coinvolgenti e carichi, energia da vendere e anche buona tecnica. Li avevo già visti in passato (senza rimanerne troppo colpito) ma questo è stato senza dubbio il loro miglior concerto. Piacevolmente stupito, ottimo mix tra canzoni vecchie e nuove (l’ultimo album non l’ho ancora sentito a dire il vero, a sto punto forse me lo prenderò pure). Diamo a Cesare quel che è di Cesare (non ho alcun problema a riconoscerglielo), davvero bravi.
La Banda Bassotti al Partirò per Bologna non è un concerto, ma la cosa più vicina ad una funzione religiosa che possa esistere per un ateo. Questo detto come complimento eh. Un’esperienza che mescola canzoni, striscioni, cori, bandiere, discorsi, ricordi, energia, allegria, impegno, sudore… inutile quindi parlare di scalette, tecnica o altre definizioni che si userebbero per un concerto “normale”; si tratta di una festa, e credo che non possa esserci nessuno all’interno dell’Estragon che non abbia apprezzato (e se qualcuno non ha apprezzato non capisco davvero che ci facesse lì, si era evidentemente perso). Segnalo giusto una (inevitabile visto quanto accade nel mondo) versione dal vivo di un vecchissimo classico come “Nazi Sion polizei” che credo non venisse eseguita da decenni. Ah, ovviamente faccio lo stesso video alla Banda che avevo fatto al Partirò per Bologna versione 2023 (ovviamente non me ne ricordavo, me ne sono accorto quando l’ho caricato sul canale). Boh, provate a confrontare i due video e vediamo se trovate differenze tra le due annate.
Finita la Banda l’Estragon si svuota piuttosto velocemente (non è poi così tardi, dove andate tutti?) lasciando qualche irriducibile a ballare al dj set finale. Il Partirò per Bologna rimane un classico, una bella festa e un bel mix tra stili diversi di intendere, sostanzialmente, le stesse cose.
-
Live Report: Skeptix + Point Break + Linguini
Ponte della Ghisolfa, 14.04.2024
E insomma, io avevo già deciso di scrivere sto articolo, poi ho sbagliato a impostare la programmazione sul canale YouTube e i video si sono pubblicati da soli… sabotaggio!!!
Eh vabbè, proviamo sta versione di WordPress da cellulare, che già a fare il primo accesso ci ho messo una vita e mezza… non sono più er ghepardo di una vorta…
Rara immagine del vostro Oi! Influencer mentre cerca di installare l’app di WordPress Eccoci qui di nuovo, come state? Io non ho mai un cazzo di tempo per scrivere le mie solite due puttanate, però ho pagato già in anticipo il rinnovo del dominio, quindi ogni tanto qualche vaccata mi tocca pure buttarla giù, tanto vale…
Domenica di ripiglio post sbronza della sera prima, eppure che fai, non te li vai a vedere gli Skeptix? Data evento, io non solo non pensavo che suonassero ancora gli Skeptix, ma manco che fossero ancora vivi… cioè sì, sapevo che erano in cartellone in qualche festival negli USA, ma io non sono nemmeno del tutto convinto che gli USA esistano davvero, secondo me il mondo finisce alle Colonne d’Ercole… “Perché io, Stato me so’ messo d’accordo co le compagnie aeree: te famo credere che la tera è rotonda così er biglietto da Roma a New York te costa du’ milioni e mezzo perché te ce vogliono venticinque ore. Lo sai quanto ce vole da Roma a New York ? Venticinque minuti ! L’aereo arriva dopo mezz’ora e poi pe’ diciannove ore e mezza te gira attorno!” (citazione solo per veri intenditori, gli altri si sputino in faccia da soli che io ho la gola secca)
Vabbè va, arrivo al Ponte in leggero ritardo, c’è già un po’ di gente ma per fortuna gli orari non sono precisi al 100% per cui faccio a tempo a godermi l’inizio dei Linguini. Che poi io i Linguini li avevo già visti live una volta, solo che ero così sbronzo che manco me li ricordavo, ma vabbè, è un’altra storia lasciamo stare… i Linguini fanno… boh, post hardcore? Forse è math core, non lo so, non ho mai capito cosa sia il math core, ma in matematica non sono mai stato bravo quindi ci sta. Sta di fatto che io di sta musica non ci capisco niente e non è molto in sintonia con la linea editoriale del sito (ho scritto per davvero “linea editoriale” AHAHAHAH ma vi rendete conto? Cioè troppo da sito vero, il prossimo passo sarà che mi iscrivo all’ordine dei giornalisti). Tecnicamente sono bravi, pestano forte, fanno un sacco di casino, poi non è il mio genere, chiedete info a chi è più competente di me. Suonano il giusto, alla fine fanno un pezzo HC classico che è quello che riprendo col mio telefono, solo che ho il telefono intasato di cazzate e quindi prima della fine si interrompe la registrazione e vi beccate quello che son riuscito a registrare senza un finale perché nel tempo che cancello un paio di video han finito di suonare. Ecco qualche foto e il link al video, come al solito (non so come verranno perché sto facendo tutto dall’app e per me è la prima volta, please be kind oh oh oh oh oh)
Secondo gruppo, i Point Break che in Ghisolfa sono quasi di casa. Mi perdo l’inizio (anche più dell’inizio, quasi metà), perché sono a cazzeggiare, e mi dispiace perché a me i Point Break sono sempre piaciuti. Purtroppo c’è poca gente, si vede che la gente è venuta proprio per gli inglesi e vabbè oh, mica puoi fargliene una colpa. Però i Point Break si meriterebbero un po’ più di partecipazione, perché alla fine sono un gruppo che è sempre stato schietto e sincero, 100% DIY, i pezzi sono buoni (anche se forse la scaletta è un po’ lunga), punk-hc melodico ma potente, forse gli manca un minimo di energia rispetto ad altre volte. Vabbè credo proprio che non sarà l’ultima volta che li vedo. Apprezzabile il fatto che cantino qualche canzone in spagnolo, troppo inglese alla lunga rompe le palle.
A questo punto tocca agli inglesi, i punx fremono. Non ho capito se è la formazione originale, credo almeno 2/3 su 4 se non vado errato, il bassista l’ho visto anche coi Business, ma era quello dei Discharge? Vacci a capire qualcosa in sto giro di vecchi punk. Il cantante (sì, lui è quello originale, son sicuro) ha troppo una faccia simpatica, sale sul palco (che poi siamo in Ghisolfa, vallo a chiamare palco) e butta via la stampella che lo accompagnava da tutto il giorno. Poi si toglie pure la maglietta rivelando il classico fisicaccio da inglese in pensione. Vabbè, puro punk 82, gli Skeptix sono questi (e non credo abbiano mai voluto essere altro), prendere o lasciare, se devo essere brutalmente onesto non è che siano mai stati uno dei miei gruppi preferiti, ma è innegabile che siamo stati tra i pionieri di un certo suono e che abbiano contribuito a definirlo in maniera decisiva. Al momento sono quattro vecchiacci che si divertono, e si divertono tanto, si vede la differenza tra gruppi come questo che fanno poche date per il gusto di farle e altre band che suonano perché devono suonare mentre vorrebbero essere a casa a mangiare il pudding coi nipoti. Pogo e singalong a tratti (è pur sempre domenica) ma la gente apprezza. Non saranno tecnicamente perfetti (ogni tanto secondo me neanche loro sanno che cazzo stanno a fà) ma pestano e divertono forse anche più delle aspettative. Fanno pure un bis non in programma. Bravi Skeptix insomma, promossi a pieni voti!
Appena finito il concerto io me ne scappo a casa. Oh, anche io sono vecchio…
-
Live Report: Italian Ska Raduno Vol.1
Rimozione, Marciellos, Tremende, Erezione Continua, Fratelli SkaRibelli, Parma, 14.10.2023
Trasfertina a Parma per la prima edizione dell’Italian Ska Raduno, festival nato dall’omonimo gruppo Facebook dedicato allo ska tricolore. La location rimane misteriosa fino all’ultimo, ma quando arriviamo non sembra niente male, con una sala dedicata a concerti e banchetti vari, mentre nella sala bar c’è (oltre ovviamente al bar, cosa che non si può sottolineare abbastanza) un DJ set continuo che andrà avanti sia durante i concerti sia a notte fonda fino alla chiusura.
Purtroppo quando arriviamo scopriamo che gli Arpioni non ci saranno a causa di problemi di salute, peccato perché è sempre un piacere rivedere dal vivo la band bergamasca…A little trip to Parma for the first edition of Italian Ska Raduno, a festival born from the Facebook group of the same name dedicated to tricolour ska. The location remains a mystery until the last minute, but when we arrive it looks pretty good, with a hall dedicated to concerts and various stalls, while in the bar room (besides the bar, of course, which cannot be emphasised enough) there is a continuous DJ set that goes on both during the concerts and late into the night until closing time.
Unfortunately, when we arrive we find out that Arpioni will not be there due to health problems, which is a shame because it is always a pleasure to see the band from Bergamo live…Pronti e via e iniziano i Fratelli Skaribelli, mi perdo l’inizio del loro set perché con il DJ set sempre attivo e la porta della sala concerti chiusa a volte non è chiaro se il gruppo ha iniziato. Nonostante il nome della band che non mi piace proprio e che non faceva presagire nulla di buono, i Fratelli Skaribelli fanno un buon concerto; la band parmigiana ci offre uno ska third wave veloce (ma senza esagerare) e divertente, che ricorda un po’ i primi Matrioska o i tedeschi Skaos. Un paio di cover, una dei Toasters e una (davvero inaspettata) “King Kong” dei No Sports (applausi!), un’ottima sezione fiati e una buona tenuta del palco, insomma davvero una sorpresa positiva. E’ ancora presto, per cui il pubblico è ancora un po’ freddino e qualcuno deve ancora arrivare, però loro sono simpatici e coinvolgono comunque i presenti.
Magari ogni tanto sono ancora un po’ acerbi (la nascita del gruppo è piuttosto recente, a quanto ne so), però sono curioso di rivederli ancora, magari coi pantaloni lunghi (odio le band che suonano coi pantaloni corti, a meno che non facciano hardcore o skatecore)!I missed the beginning of their set because with the DJ set always on and the door to the concert hall closed, it was sometimes unclear whether the band had started. Despite the name of the band, which I don’t really like and which didn’t bode well, Fratelli Skaribelli gave a good concert; the band from Parma offered us a fast (but without exaggeration) and fun third wave ska, somewhat reminiscent of early Matrioska or German Skaos. A couple of covers, one of Toasters and a (really unexpected) “King Kong” by No Sports (applause!), an excellent horn section and good stage holding, in short, a really positive surprise. It’s still early, so the crowd is still a bit cold and some people haven’t arrived yet, but they’re nice and still getting the crowd involved.
Maybe they are still a bit immature at times (the band is quite new as far as I know), but I’m looking forward to seeing them again, maybe in long pants (I hate bands that play in short pants, unless they play hardcore or skatecore)!I secondi a salire sul palco sono gli Erezione Continua, che finalmente riesco a vedere dal vivo dopo essermeli persi un paio di volte. Avevo ascoltato qualche canzone loro prima del concerto, e onestamente credevo fossero un po’ fuori posto in un festival ska, essendo un gruppo più che altro punk rock, ma per l’occasione aggiungono il trombonista dei Fratelli Skaribelli alla loro formazione e (credo anche proprio riarrangiando alcune loro canzoni) fanno un set di ska misto punk che mi ricorda molto gruppi come Operation Ivy o Hi-Standard o, in alcuni momenti, certe cose dei Clash. Sebbene magari tutto questo non incontra i miei gusti al 100%, gli va riconosciuta una bella dose di coraggio e di voglia di sperimentare; oltre a questo sono molto scenici e il pubblico è dalla loro parte (sicuramente alcune delle giovani facce presenti sono qui per loro). Insomma, alla fine pollice alto da parte mia.
Next up were Erezione Continua, who I finally got to see live after missing them a couple of times. I had heard a few of their songs before the gig and honestly thought they were a bit out of place at a ska festival, being more of a punk rock band, but for the occasion they added the trombonist from the Fratelli Skaribelli to their line-up and (I think they even rearranged some of their own songs) played a ska-mixed-punk set that reminded me a lot of bands like Operation Ivy or Hi-Standard or, sometimes, certain things from The Clash. Even if this is not 100% to my taste, you have to give them credit for a lot of courage and willingness to experiment; besides, they are very scenic and the audience is on their side (surely some of the young faces present are there for them). In the end, thumbs up from me.
Il terzo gruppo è quello che (oltre agli Arpioni) aspettavo di più tra tutti i presenti. Si tratta delle Tremende (o 3Mende che dir si voglia) da Bologna, band attiva da tantissimi anni e che ho sempre apprezzato, sia su disco che dal vivo. Purtroppo le loro esibizioni recenti sono davvero pochissime, direi dosate col contagocce. Il che è davvero un peccato, perché le Tremende fanno un ottimo concerto anche stasera, veramente di alto livello. Ska original con qualche accenno di 2 Tone, davvero ottimamente eseguito e scatenato, davvero difficile rimanere fermi.
Un’oretta di concerto con classici come “La bumba magica”, “Messaggio per te”, “Che combinazione”, un paio di cover (quella di Harry Belafonte nel video sottostante e la classica “Sally Brown”) e finale con come bis la vecchissima “Un’emozione”, tratta addirittura dal primo demo e richiesta a gran voce dal pubblico. Peccato non facciano “Vorrei”, canzone che è tra le mie preferite di sempre. Grandissime Tremende, speriamo di rivederle presto!The third band is the one I was most looking forward to (apart from Harpions). They are Tremende (or 3Mende as they called themselves) from Bologna, a band that has been active for many years and that I have always appreciated, both on record and live. Unfortunately, their recent performances have been very few and far between, I would say sparse. Which is a shame, because tonight Tremende give a very good concert, really on a high level. Original ska with a touch of 2 Tone, really well played and wild, really hard to keep still.
An hour long concert with classics like “La bumba magica”, “Messaggio per te”, “Che combinazione”, a couple of covers (the one by Harry Belafonte in the video below and the classic “Sally Brown”) and the finale with the very old “Un’emozione” as an encore, taken even from the first demo and requested by the audience. Too bad they didn’t play “Vorrei”, a song that is one of my all-time favourites. Great Tremende, let’s hope to see them again soon!I The Marciellos da Genova sono invece una cover band degli Skatalites (ma non solo), e non li avevo mai visti dal vivo, sebbene li conoscessi di nome. Tecnicamente eccezionali, con un cantante dotato di una voce davvero superba e anche un discreto ballerino e intrattenitore, sono molto più di una semplice tribute band, presentando un set che presenta anche qualche classico di Ken Boothe e Lord Tanamo (tra gli altri). Sound molto molto giamaicano con un tocco “zeneize”, dimostrano in più occasioni di essere dei cultori della materia e di essere davvero preparati, andando a pescare canzoni conosciute e meno e presentando una scaletta molto convincente e varia.
Purtroppo non seguo tutto il concerto (perché? cazzi miei ahahah) e mi perdo molto della seconda parte, però altra band azzeccata nel contesto e molto interessante. Avevano anche il loro cd, purtroppo avevano sbaraccato il banchetto prima che mi decidessi ad acquistarlo, mannaggia.The Marciellos from Genoa are a Skatalites cover band (but not just that) and I had never seen them live, although I knew them by name. Technically exceptional, with a singer with a really great voice and also a good dancer and entertainer, they are much more than just a tribute band, presenting a set that also includes some classics by Ken Boothe and Lord Tanamo (among others). With a very, very Jamaican sound with a ‘Genoa’ touch, they prove time and again that they know their stuff and that they are really well prepared, pulling out both well-known and lesser-known songs and presenting a very convincing and varied set list.
Unfortunately I didn’t watch the whole concert (why? it’s not your business ahahaha) and missed a lot of the second part, but another band that was in the right context and very interesting. They also had their CD, unfortunately they cleared the stand before I decided to buy it, damn.A chiudere la serata ci pensano i Rimozione (ex Rimozione Koatta), band attiva dal 1994 proveniente da Torino e dintorni. Il loro è uno ska third wave cantato in italiano che a volte diventa skacore, che ricorda molto i quasi conterranei Persiana Jones.
Si vede che è una band che ha calcato tanti palcoscenici e che è abituata a stare sul palco, anzi, a viverci, quasi, e anche dal punto di vista di come han suonato assolutamente niente da dire, però devo dire la verità che sono il gruppo che ho apprezzato meno del festival. Forse il loro set è stato un po’ troppo lungo, o forse sarà perché non sono mai stato troppo un loro fan o anche perché il loro genere non è tra i miei preferiti, ma ad un certo punto sono andato a farmi un giro al DJ set (dove comunque stazionava sempre un certo numero di aficionados impegnati costantemente a ballare). Apprezzabile comunque il tentativo di unire un’attitudine più fun con tematiche più serie e l’energia che hanno infuso nella loro esibizione.The final band of the evening was Rimozione (formerly Rimozione Koatta), a band from Turin (and the surrounding area) who have been around since 1994. Theirs is a third-wave ska sung in Italian that at times becomes skacore, very reminiscent of almost fellow countrymen Persiana Jones.
You can see that this is a band that has played on many stages and is used to being on stage, or rather living on it, almost, and from the point of view of how they played, there is absolutely nothing to say, but I have to say that they were the band that I liked the least at the festival. Maybe it’s because their set was a little too long, or maybe it’s because I’ve never been a big fan of theirs, or maybe it’s because their genre isn’t one of my favourites, but at some point I went to the DJ set (where there were always a few aficionados dancing). What I appreciated was their attempt to combine a fun attitude with more serious themes and the energy they brought to their performance.Si continua a ballare e bere anche dopo la fine del concerto, con un DJ set che verso la fine si spinge anche in territori meno “original” e più puramente danzerecci, cosa che ho apprezzato molto per due motivi, ovvero: 1) in un DJ set così lungo troppe gemme viniliche “oscure” tendono (parlo per me eh) a stancare dopo un po’ (soprattutto dopo che l’alcool prende il sopravvento e si tende ad essere meno “ricercati”) 2) diversi dei presenti mi sembravano un po’ più “sui generis” che appassionati di ska original, e la selezione rischiava di allontanarli un po’.
Per il resto il raduno è uscito direi piuttosto bene, il posto si è dimostrato adatto, il numero di presenze non era da folle oceaniche ma comunque in numero adeguato, con anche qualche faccia nuova e diverse facce giovani, il che è un’ottima cosa, no? Le band si sono dimostrate gradevoli ed in generale il clima per tutta la serata era di festa come dovrebbe essere. Forse DJ set e concerti insieme a volte erano un po’ troppo (in certi momenti avere più presenze sotto il palco sarebbe stato meglio piuttosto che dividere il pubblico), ma il clima è stato clemente e per fare una pausa dalla musica e fare due chiacchiere si poteva comunque uscire all’aperto.
Alla prossima edizione!We continue to dance and drink even after the concert, with a DJ set that towards the end also pushes into less ‘original’ and more purely dancey territories, which I really appreciated for two reasons, namely 1) in such a long DJ set, too many ‘obscure’ vinyl gems tend (speaking for myself, eh) to get tiring after a while (especially when the alcohol takes over and you tend to be less ‘researched’) 2) several of those present seemed to me to be a bit more ‘sui generis’ than original ska fans, and the selection risked alienating them a bit.
Apart from that, I would say that the event turned out quite well, the location proved to be suitable, the number of attendees was not oceanic, but still adequate in number, with even some new faces and some young faces, which is a good thing, right? The bands proved to be enjoyable and generally the atmosphere throughout the evening was festive, as it should be. Maybe the DJ sets and the concerts together were a bit much at times (at certain times it would have been better to have more people under the stage rather than splitting the audience up), but the weather was fine and you could still go outside to take a break from the music and have a chat.
See you next time! -
Live report: Le bal des vauriens (giorno 2)
Squelette, Survet Skins, Beton Armè, Infa Riot, Lion’s Law, 8°6 Crew, Oi Boys, Le Kilowatt, Vitry-sur-Seine, 23.09.2023
Quando ritorniamo sul luogo del delitto, al secondo giorno di festival, ci accorgiamo subito che le presenze sono decisamente aumentate rispetto al venerdì. Già all’apertura delle porte, infatti, ci sono più persone di quante ce ne fossero alla fine della serata di ieri.
C’è grande attesa per gli Squelette, che aprono sul palco piccolo; ed infatti, ancora prima che inizino a suonare le prime note, lo spazio interno dell’Oasi è strapieno, non si riesce ad entrare! Tento di infilarmi dentro ma onestamente, essendo ancora presto, essendo io completamente sobrio e non avendo molto voglia di assistere al concerto dal fondo della sala, desisto quasi subito. D’altro canto, quanto sento da fuori non sembra troppo nelle mie corde: classico Oi mid-tempo molto anni ’80 con vocione ultra growl. Non conosco gli Squelette ma in diversi mi hanno parlato bene del loro ultimo disco, per cui vedrò di recuperarlo per capire di più su di loro.Returning to the scene of the crime on the second day of the festival, we immediately notice that the crowd has definitely increased compared to Friday. As soon as the doors opened, there were more people than at the end of last night.
There was a great buzz for Squelette, who were opening on the small stage, and indeed, even before they played their first notes, the place was packed, there was no way in! I try to squeeze in, but to be honest, it is still early, I am completely sober and I do not really want to watch the concert from the back of the hall. On the other hand, what I hear from outside doesn’t sound too much like my cup of tea: classic mid-tempo oi, very 80s, with ultra growly vocals. I don’t know Squelette, but several people have told me good things about their latest record, so I’ll see if I can catch them to find out more about them.Il primo gruppo sul palco esterno sono invece i Survet Skins, combo parigino con membri di 8°6 Crew, Komintern Sect e Lion’s Law, attivo dagli anni ‘90. Io (non so perché) ero convinto che fossero un gruppo quasi Oi-core, ma dopo 20 secondi mi ricredo. Il loro è un punk-Oi melodico è molto street rock n roll, e mi piace un casino! Dal vivo inoltre sono davvero coinvolgenti, funziona benissimo la formazione con due cantanti, quasi teatrale, con uno dei due (che ricorda una sorta di Babbo Natale skinhead) più gioviale e pronto a scherzare e relazionarsi col pubblico, mentre l’altro (che poi è il cantante degli 8•6 Crew) più riservato e distaccato. Le canzoni scivolano bene una dietro l’altra, addirittura una cover degli Eskorbuto (“Historia triste”), una o due cover degli 8°6 Crew e atmosfera piacevole alla “Oi! Fatti una risata”. Davvero un’ottima scoperta, grandi!
The first band on the outdoor stage was Survet Skins, a Parisian combo with members of 8°6 Crew, Komintern Sect and Lion’s Law who have been around since the 1990s. I (I don’t know why) was convinced that they were an almost oi-core band, but after 20 seconds I changed my mind. Theirs is melodic punk – Oi is very street rock n roll, and I love it! The almost theatrical line-up with two singers works very well, with one of the two (who resembles a sort of Santa Claus skinhead style) more jovial and ready to joke and relate to the audience, while the other (who is the singer of 8°6 Crew) is more reserved and aloof. The songs flow nicely, even an Eskorbuto cover (‘Historia triste’), one or two 8°6 Crew covers and a pleasant ‘Oi! Have a laugh’ atmosphere. Really a great discovery, great!
Si ritorna all’interno per quello che era probabilmente il gruppo più atteso del festival, quantomeno dalla compagine italiana che me ne aveva parlato a ripetizione, decantandomi le lodi di questi canadesi (che io non conoscevo… ok, sto facendo brutta figura oggi, in pratica per ora non conosco nessuno!). I Beton Armé salgono sul palco e vengono immediatamente sommersi dal pubblico che li circonda e fa partire un pogo scatenato che andrà avanti dall’inizio alla fine, con cori continui, stage diving praticamente ininterrotti e un’atmosfera davvero incandescente. Non c’è quasi bisogno che i ragazzi del Quebec facciano niente di particolare: il 90% del fascino della loro esibizione è proprio questo muro umano che scatenano. Per il resto, non sono male, Oi-hardcore davvero potente, sanno stare sul palco e sono bravi a suonare. Lodevole la cover dei L’Infanterie Sauvage. Non so perché, però, non mi si accende del tutto la scintilla. Insomma, gli riconosco tante doti, e sicuramente è stato un ottimo concerto, ma non capisco appieno tutto questo entusiasmo…
Back inside again for what was probably the most eagerly awaited band of the festival, at least by the Italian crew who had told me about them several times, singing the praises of these Canadians (whom I didn’t know… OK, I’m making a bad impression today, I don’t know anyone!) Beton Armé enter the stage and are immediately overwhelmed by the crowd that surrounds them, starting a wild pogo that goes on from start to finish, with continuous choruses, practically uninterrupted stage diving and a truly incandescent atmosphere. There is almost no need for the Quebec boys to do anything special: 90% of the charm of their performance is precisely this human wall they unleash. Otherwise they are not bad, really powerful oi-hardcore, they know how to stay on stage and they are good musicians. The L’Infanterie Sauvage cover is a nice shot. I don’t know why though, I don’t quite get the spark. I mean, I give them a lot of credit and it was certainly a very good concert, but I don’t quite understand all this enthusiasm…
Si torna sul palco esterno per una band che invece non si può certo definire nuova: gli Infa Riot. La band inglese si presenta sul palco con una tripletta bomba (“Emergency”, “You ain’t nothing yet”, “Still out of order”) e sembra decisamente in forma. Mr. Lee se la ride col pubblico e scherza (una sagoma!), il resto della band sa decisamente il fatto suo e il loro è un ottimo set, potente e con tutti i classici che ognuno si aspetterebbe. Gran finale con niente di meno che “In for a riot” (richiesta più e più volte dal pubblico) e una gran versione di “Kids of the 80’s”. Li ho trovati davvero in forma, anche più di altre volte. Poiché verranno a breve in Italia (Roma e Cagliari se non vado errato), il mio consiglio è di non perderveli assolutamente.
Una piccola riflessione: all’inizio del concerto degli Infa Riot il pubblico mi è sembrato un po’ freddino e un po’ più restio a lasciarsi andare. Non so se fosse perché il pubblico francese sia un po’ “nazionalista” (non in senso politico, intendo in senso puramente musicale)- a differenza di noi italiani che siamo spesso anche troppo “esterofili”- visto che anche i Samples il giorno prima avevano un po’ faticato a coinvolgere il pubblico, o magari perché il suono più “vecchio” di certe band (vedi anche i Wunderbach) sia in qualche modo meno attuale per le nuove generazioni. E’ passato un po’ di tempo da quando da ragazzino il mio obiettivo era mettere le mani sulle ristampe e i cd raccolta dei gruppi storici, e magari le nuove generazioni sono cresciute più con i dischi di gruppi di ondate successive rispetto che con i classici del genere. Non che ci veda nulla di male, sia chiaro, anzi, forse un evoluzione di questo tipo è segno di vitalità e di rinnovamento (sono pur sempre passati 45 anni dal ’77, un’enormità se ci si pensa), però a me, cresciuto con un certo tipo di suono e con certi “miti” (tra virgolette, perché parlare di miti nel punk/oi è argomento spinoso), fa un po’ strano. Fine della digressione (anche perché poteva essere anche solo un’impressione che ho colto solo io).Back to the open air stage for a band that can hardly be called new: Infa Riot. The English band came on stage with a three-song in a row bomb (‘Emergency’, ‘You ain’t nothing yet’, ‘Still out of order’) and seemed to be in good shape. Mr Lee laughs and jokes with the audience (funny bloke!), the rest of the band definitely know what they’re doing and theirs is a great set, powerful and with all the classics you’d expect. Grand finale with no less than ‘In for a riot’ (requested over and over by the audience) and a great version of ‘Kids of the 80’s’. I thought they were really on form, even more so than on other occasions. As they are coming to Italy soon (Rome and Cagliari, if I am not mistaken), my advice is not to miss them.
A little reflection: at the beginning of Infa Riot‘s gig, the audience seemed a little cold and a little reluctant to let go. I don’t know if it’s because French audiences are a bit ‘nationalistic’ (not in a political sense, I mean in a purely musical sense) – unlike us Italians, who are often too ‘foreignophile’ – given that even Samples had struggled a bit to get the audience involved the day before, or maybe because the ‘older’ sound of certain bands (also Wunderbach who are french) is somehow less up-to-date for the new generations. It’s been a long time since my goal as a kid was to get my hands on reissues and compilations of historic bands, and maybe the new generations have grown up more with the records of bands from later waves than with the classics of the genre. Not that I see anything wrong with that, of course, on the contrary, maybe such an evolution is a sign of vitality and renewal (45 years have passed since ’77, a huge amount when you think about it), but for me, who grew up with a certain kind of sound and with certain ‘myths’ (in quotes, because talking about myths in punk/oi is a thorny subject), it is a bit strange. End of digression (also because it could have been just an impression that only I picked up).Non si rientra all’interno perché ora tocca ai Lion’s Law, ancora sul palco grande, ed è il delirio. Tutti (ma proprio tutti) i presenti si scatenano e cantano tutti i classici di questa gloriosa oi! band. Repertorio completo, da “Lafayette” a “The reaper”, da “Way of life” a “Knock em out” fino alla conclusiva “For my clan”. I Lion’s Law sono una band davvero straordinaria dal vivo, e l’ambiente di stasera è quello giusto per gustarseli appieno. Hanno grinta, carica, stile, e sanno davvero suonare, cazzo! Wattie, il cantante, si gode il concerto dopo quello del giorno precedente con i Maraboots, e tutta la band non sbaglia un colpo. Tanta gente sale sul palco a cantare o a fare stage diving, e l’atmosfera è davvero fantastica.
I Lion’s Law sono la migliore band francese in attività, e non lo dico solo perché sono una band della Madonna o perché i loro pezzi sono fighi o perché sanno suonare e tenere il palco, ma perché sono una band che ha ridato vita e lustro alla scena oi! francese, perché hanno dimostrato di saper unire più generazioni di skins e punks, senza vendersi e senza dividere o disunire, a differenza di altre band e realtà che sono state in grado solo di causare scazzi o curare solo il proprio orticello. Sotto il loro palco ho visto una vera unione e tanti ragazzi e ragazze veri e appassionati. Io credo che il tempo abbia dato ragione ai Lion’s Law (e a band come la loro, sia chiaro). Massimo rispetto.We didn’t go back inside, because now it was Lion’s Law‘s turn, still on the big stage, and it was delirium. Everyone (but really everyone) in the room went wild, singing all the classics by this glorious oi! band. They play their whole repertoire, from ‘Lafayette’ to ‘The reaper’, from ‘Way of life’ to ‘Knock em out’ to the closing ‘For my clan’. Lion’s Law are a truly exceptional live band and tonight’s setting is the right one to enjoy them to the full. They have guts, drive, style and they can really fucking play! Wattie, the singer, is enjoying the gig after playing with the Maraboots the day before, and the whole band isn’t missing a beat. Lots of people come on stage to sing or stage dive and the atmosphere is really great.
Lion’s Law is the best French band at the moment, and I don’t say that just because they’re a fabulous band or just because their songs are cool or just because they know how to play and hold the stage, but because they’re a band that has given the French oi! scene new life and lustre, because they’ve shown that they know how to unite several generations of skins and punks, without selling out, without dividing or splitting, unlike other bands and realities that have only managed to cause fights or look after their own orchards. Under their stage I saw a real unity and a lot of real and passionate boys and girls. I believe that time has proven Lion’s Law (and bands like them, obviously) right. Maximum respect.Dopo un concerto al cardiopalma come quello dei Lion’s Law sarebbe davvero difficile per qualsiasi band salire sul palco… ma gli 8°6 Crew non sono una band qualsiasi! Non li avevo mai visti dal vivo anche se li ho sempre apprezzati tantissimo su disco, e iniziano con quella “You come” che me li fece conoscere tanti tanti anni fa sul loro disco “Bad bad reggae” (anche se credo di averla sentita per la prima volta su qualche compilation)… iniziamo benissimo insomma! I ragazzi ci danno dentro con il loro ska tra accelerate 2 tone e momenti reggae, con occasionali puntate nel punk/oi (d’altro canto loro erano nati proprio come gruppo oi!). Un po’ di canzoni tratte dallo splendido “Working class reggae”, un po’ di classici come la bellissima “Vieille France” (penso la mia canzone preferita del loro repertorio)… ma perché mai non fanno uscire un nuovo disco da tempo immemore? Maledizione!
La gente è contenta, un po’ di ska ci voleva proprio, anche se i francesi a volte più che ballare pogano… argh! Un ottimo concerto, loro sono bravissimi tecnicamente e sono davvero un gruppo che dà spettacolo sul palco… sono davvero soddisfatto di essere finalmente riuscito a vederli dal vivo!After a heart-stopping performance like Lion’s Law it would be really hard for any band to get back on stage… but 8°6 Crew are not just any band! I had never seen them live, although I have always appreciated them so much on record, and they opened with “You Come”, which introduced me to them so many years ago on their record “Bad Bad Reggae” (although I think I first heard it on a compilation)… we started very well indeed! The guys get into it with their ska, between accelerated 2-tone and reggae moments, with occasional punk/oi touches (on the other hand, they were born as an oi band!). A few songs from the great ‘Working Class Reggae’, a few classics like the astonishing ‘Vieille France’ (I think it’s my favourite song in their repertoire)… but why haven’t they released a new album for so long? Damn it!
The crowd is happy, a bit of ska is really needed, even if with the French sometimes it’s more pogo than skanking… argh! A very good gig, they are technically very good and they really are a band that gives a show on stage… I am really happy that I finally managed to see them live!La serata non sarebbe ancora finita, ci sono gli Oi Boys (che, a differenza di quanto possiate immaginare, non fanno oi! ma post punk… davvero non capisco perché abbiano scelto questo nome, se sia ironico o cosa) che concludono il festival nel palco piccolo interno, però siamo piuttosto provati dal weekend (siamo dei vecchiacci, e qualcuno è più vecchio degli altri) e ce ne andiamo proprio all’inizio del loro concerto (che, mi dicono, non è stato male, peraltro lo trovate qui).
Che dire? Un ottimo festival, ottimamente organizzato e ottimamente partecipato, senza l’ombra di uno scazzo e con una line up davvero eccezionale, selezionata con cura, varia e distribuita benissimo tra i due giorni. Tutte le band sono state grandi, il pubblico ci ha dato dentro, i suoni sono sempre stati perfetti, insomma, davvero complimenti per aver fatto andare tutto così liscio, non succede spesso.
Se devo scegliere le migliori band, credo che Maraboots, Lion’s Law, Komintern Sect e 8° 6 Crew siano state una spanna sopra a tutti, ma ho apprezzato davvero tanto anche Survet Skins, Schedule 1, Infa Riot e Beton Armé, ma, ripeto, tutti i gruppi sono stati davvero validi. All’anno prossimo, si spera!The evening isn’t over yet, there are Oi Boys (who, contrary to what you might think, don’t play oi! but post-punk…). I really don’t understand why they chose that name, is it ironic or what?), who close the festival on the small stage inside, but we’re pretty tired from the weekend (we’re old men, and some of us are older than others) and we leave right at the beginning of their concert (which, I’m told, wasn’t bad, you can find it here).
What can I say? An excellent festival, excellently organised and excellently attended, without a hint of fuss and with a truly exceptional line-up, carefully selected, varied and well spread over the two days. All the bands were great, the crowd really got into it, the sound was always perfect, in short, kudos for making everything run so smoothly, which doesn’t happen very often.
If I had to pick the best bands I think Maraboots, Lion’s Law, Komintern Sect and 8°6 Crew were a cut above the rest, but I also really enjoyed Survet Skins, Schedule 1, Infa Riot and Beton Armé, but again all the bands were really good. See you next year, hopefully! -
Live report: Le bal des vauriens (giorno 1)
Cran, Wunderbach, Nö Class, Maraboots, The Samples, Komintern Sect, Schedule 1, Le Kilowatt, Vitry-Sur-Seine, 22.09.2023
Già qualche anno fa avevo i biglietti per l’edizione 2020 di questo festival, dopodichè una robina chiamata Covid ha deciso di far saltare tutto; quando è uscita la notizia e la line-up di questo festival ho deciso di correre il rischio di far scoppiare un’altra epidemia e di prenotare nuovamente aerei e biglietti. Scopro poi dopo che il festival si tiene al Kilowatt, posto che oltre ad essere in culo al mondo è anche all’aperto, e tutto questo negli unici giorni freddi di un settembre per il resto insolitamente caldissimo… che culo! Arriviamo la sera prima a Parigi ma non abbastanza presto per il warm up (che sarebbe pure stato raggiungibile), e il giorno dopo ci facciamo un bel viaggio con combo metro/pullman per arrivare al Kilowatt, che è immerso in uno scenario post industriale (credo fosse un ex centrale elettrica o qualcosa del genere, da cui ha preso il nome) ma che come posto non è male (esclusi i cessi all’aperto che sono una sofferenza). Non troppo economiche le birre, ma almeno sono buone.
A couple of years ago I already had tickets for the 2020 edition of this festival, after which a little thing called Covid decided to blow it all up; when the news and line-up of this festival came out I decided to take the risk of starting another epidemic and rebook flights and tickets. I later found out that the festival was taking place at Kilowatt, a place that is not only in the arse-end of the world, but also in the open air, in the only cold days of an otherwise unusually warm September… what an ass! We arrive in Paris the night before, but not early enough for the warm-up (which would have been possible), and the next day we make a nice trip with a metro/bus combo to get to the Kilowatt, which is set in a post-industrial scenario (I think it was a former power station or something, from which it got its name), but which as a place is not bad (except for the outdoor toilets, which are a pain). The beers aren’t cheap, but at least they’re good.
Tocca ai padroni di casa Cran il compito di dare il via al festival. Suonano nel palco interno, “l’oasi”, ottimo posto, stretto il giusto, decisamente più raccolto e intimo rispetto al palco esterno che è davvero gigante. Crea anche un’ottima atmosfera visto che all’interno non passa praticamente neanche un filo di luce naturale…
Avevo già visto la band in azione di supporto ai Poison Ruin qualche mese fa, e per definirli credo si possa usare una sola parola: energici. Sarà il suono, sarà la presenza scenica, ma quando suonano l’aria si fa elettrica e la band riesce a catalizzare su di sè l’attenzione di tutto il pubblico in pochi minuti. Davvero un’ottima band, che mi conferma l’ottima impressione avuta anche sul loro disco. Precisi a livello tecnico, veloci e cattivi ma mantenendo sempre un occhio attento alla melodia. Il pubblico li apprezza molto, cosa non scontata considerato che erano il primo gruppo in assoluto e in queste occasioni a volte rompere il ghiaccio non è una cosa facile. Eppure c’è un bel pogo e in molti cantano insieme al gruppo (io no, molte canzoni me le ricordo ma cantare in francese è troppo complicato!), decisamente un buon segno. Credo che nei prossimi anni sentiremo spesso parlare dei Cran!Parisian hosts Cran play as firsts and open the festival. They play on the indoor stage, ‘the oasis’, which is a great place, just the right amount of space, much more intimate and cosy than the outdoor stage, which is really huge. It also creates a very good atmosphere as there is hardly any natural light coming in…
I had seen the band in action supporting Poison Ruin a few months ago, and to define them I think we can only use one word: energetic. Maybe it’s the sound, maybe it’s the stage presence, but when they play the air becomes electric and the band manages to grab the attention of the whole audience in just a few minutes. Truly an excellent band, which confirms the excellent impression I had from their record. Technically precise, fast and bad, but always with an eye for melody. The audience appreciates them very much, which is not to be taken for granted considering that they are the first band ever to play here, and breaking the ice is not always easy on these occasions. Nevertheless, there is a nice pogo and many sing along with the band (not me, I remember many songs, but singing in French is too complicated! I think we will be hearing a lot from Cran in the next few years!A debuttare sul palco esterno sono invece i Wunderbach, storica band francese dei primi anni ’80, poi riformatasi a metà degli anni 2000 e attiva sporadicamente da allora. Non sono mai stato un loro appassionatissimo fan ma conoscevo il loro punk rock con venature streetpunk; devo dire che all’inizio del concerto sono partiti un po’ in sordina, anche il pubblico ci ha messo un po’ a farsi conquistare, ma hanno saputo riprendersi alla grande dopo qualche canzone. Due voci, maschile e femminile, tanti cori e punk come si faceva una volta. Simpatici e pronti a scherzare col pubblico, mano a mano che andavano avanti li apprezzavo sempre di più e alla fine devo dire che hanno fatto un buon concerto, con tanto di skingirls e punk girls sul palco a cantare insieme a loro. Credo anche che abbiano sforato un po’ i tempi perché hanno continuato imperterriti a fare bis e hanno finito il loro set che i No Class erano praticamente già sul palco.
Debuting on the open air stage instead were Wunderbach, an historic French band from the early 80s who reformed in the mid 2000s and have been active sporadically ever since. I was never a big fan, but I was familiar with their punk rock with streetpunk overtones. I have to say that they started a bit quietly at the beginning of the concert and it took a while for the audience to get into it as well, but after a few songs they got going again. Two voices, male and female, lots of choruses and punk as it used to be. Friendly and ready to joke with the crowd, as they went on I appreciated them more and more and in the end I must say they gave a good concert, with lots of skingirls and punk girls on stage singing along with them. I also think they overdid it a bit because they kept playing encores and finished their set so that No Class were practically already on stage.
Prendo posizione quindi all’interno per assistere al concerto dei No Class, anzi, scusate, Nö Class (chissà come si fa la ö con la tastiera, io vado di copia e incolla). Gli australiani sono molto chiacchierati, mi sembra che siano uno dei gruppi più attesi, negli ultimi anni hanno girato un po’ per tutta l’Europa più e più volte, e infatti questa è l’ultima data del loro tour europeo. Il pubblico si fa trovare pronto e numeroso (ormai la gente è tutta arrivata, almeno quella del venerdì), infatti fatico un po’ a ritagliarmi uno spazio vicino al palco.
Il loro è un punk rock n roll equamente diviso tra Motorhead, Jerry Lee Lewis, Boys e Angelic Upstarts, il tutto rivisto in un’ottica australiana alla Rose Tattoo. Belli marci (molto più che su disco), bei lavori di chitarra e un attitudine molto 77ina, però dopo un po’ di canzoni perdo un pochino di interesse nei loro confronti, mi sembra che su disco siano un po’ più vari. La gente comunque è presa bene, si balla, si poga e si fanno un po’ di stage diving assortiti, quindi al pubblico piacciono. Il cantante potrebbe fare il redneck australiano in un remake di quei folli horror stile Wolf Creek, sembra marcio fino al midollo, in una punk band però marcezza e bruttezza sono una marcia in più, ed infatti come frontman funziona tantissimo.Then I went inside to see No Class, or rather, sorry, Nö Class (I wonder how to make the ö with the keyboard, I’ll copy and paste). The Australians are much talked about, it seems to me that they are one of the most eagerly awaited bands, they have been touring all over Europe for the last few years and this is actually the last date of their European tour. The audience is ready and large (by now the crowd has all arrived, at least the Friday crowd), in fact I have a bit of trouble getting a place near the stage.
Theirs is punk rock n roll, evenly split between Motorhead, Jerry Lee Lewis, Boys and Angelic Upstarts, all reinterpreted in an Australian Rose Tattoo way. Pretty rotten (much more than on record), nice guitar work and a very 77ina attitude, but after a few songs I lose a bit of interest in them, I feel they are a bit more varied on record. People are into them though, there’s dancing, moshing and some stage diving, so the audience likes them. The singer could play the Australian redneck in a remake of those crazy Wolf Creek style horror movies, he sounds rotten to the core, but in a punk band rottenness and ugliness is a plus, and actually it works a lot as a frontman.Per me, invece, il gruppo più atteso (o quasi) del weekend sono invece i Maraboots, uno dei migliori gruppi oi! di sempre (e questo è un fatto, non un’opinione) che, per sfighe varie, all’epoca non riuscii mai a vedere dal vivo. Due concerti per loro quest’anno, qui a Parigi e al Beach Beer Chaos (festival fighissimo che però va sold out in pochissimo e che, svolgendosi a Barcellona- anzi a Badalona, dicono che ci tengono a specificarlo- a ferragosto, è costosissimo), due date iper selezionate insomma. Dopo che il Covid mi ha privato dell’edizione 2020 de Le Bal Des Vauriens sono più che intenzionato a non perdermi nemmeno un secondo del loro show.
Che dire? E’ valsa assolutamente la pena di aspettare 3 anni per potermeli vedere finalmente dal vivo. Concerto S-T-R-E-P-I-T-O-S-O, hanno fatto tutti i miei pezzi preferiti (persino “Parmentier”, pensate un po’! E tra un po’ viene giù il locale a forza di gente che urla “skin/heads/Parmentier!”), hanno suonato da dio, la gente era presa bene, tutti a cantare in coro (io facevo finta perché, ripeto, il mio francese fa cagare), invasioni di palco, stage diving a bomba, Wattie carichissimo, tutta la band precisa e potente. Insomma, io non so cosa dirvi di sto concerto se non che è stato eccezionale e che se i Maraboots suoneranno ancora io sarò in prima fila, ovunque siano.But for me, the most eagerly awaited band (or almost) of the weekend is Maraboots, one of the best oi! bands ever (it’s a fact, not an opinion), who, through various misfortunes, I was never able to see live. There were two shows for them this year, here in Paris and at Beach Beer Chaos (a very cool festival, but it sells out very quickly and is very expensive as it takes place in Barcelona- sorry, Badalona, seems important to specify- in mid-August), two hyper-selected dates. After Covid robbed me of the 2020 edition of Le Bal Des Vauriens, I am more than willing to not miss a single second of their show.
What can I say? It was totally worth waiting 3 years to finally see them live. A-M-A-Z-I-N-G gig, they played all my favourite songs (even ‘Parmentier’, imagine that! And after a while the place is going to collapse with people chanting ‘skin/heads/parmentier’), they sounded great, the crowd was really into it, everyone was singing along (I was faking it because my French is shit), stage invasions, stage diving, Wattie was really pumped up, the whole band was precise. In short, I don’t know what to say about this gig except that it was great and if the Maraboots play again, I’ll be in the front row, wherever they are.E’ arrivato il momento dei Samples, band inglese di puro stampo punk82 rispuntata fuori del tutto a sorpresa nel 2019 in concomitanza col Covid (e infatti per tornare sul palco dovettero aspettare il 2022). Purtroppo orfani del cantante Sean “Badger” Taylor, scomparso nel 2021 (senza quindi essere riuscito a tornare a calcare i palchi… che sfiga!), i Samples si presentano in una formazione a 3 con i due membri storici Dave Evans e Pascal Smith che si alternano alla voce, e con un giovane punk di nome Jake alla batteria. I Samples non si perdono in fronzoli, attaccano con i loro cavalli di battaglia dei vecchi singoli e con qualcosina di nuovo. Punk 82 secco, duro e deciso, niente di nuovo sotto il sole, il suono è un po’ scarno ma personalmente a me piace così. Probabilmente però suonare subito dopo un concerto come quello dei Maraboots non li ha aiutati, infatti il pubblico è un po’ freddino e l’oasi non è piena come in altri momenti. Non seguo tutto il concerto perché esco un attimo per andare in bagno e per riprendere qualcosa da bere e vengo rapito da compagni di viaggio e altra gente incontrata sul momento, quando riesco a rientrare hanno appena finito, peccato perché a me non stavano dispiacendo affatto.
The time has come for The Samples, the British band of pure punk82, who unexpectedly reappeared in 2019 in collaboration with Covid (and who actually had to wait until 2022 to return to the stage). Sadly orphaned by singer Sean ‘Badger’ Taylor, who died in 2021 (without being able to return to the stage… sad story!), The Samples appear in a three-piece line-up with two long-standing members, Dave Evans and Pascal Smith, taking turns on vocals, and a young punk called Jake on drums. The Samples don’t get lost in frills, they attack with their workhorses from the old singles and a little something new. Dry, hard punk 82, nothing new under the sun, the sound is a bit sparse, but personally I like it that way. Probably playing right after a concert like Maraboots has not helped them, the crowd is a bit cold and the Oasis is not as full as usual. I don’t watch the whole concert because I go out for a moment to go to the toilet and get something to drink, and I get carried away by fellow travellers and other people I meet on the spot, and when I manage to get back in they’ve just finished, which is a shame because I didn’t dislike them at all.
Il pubblico freme per i Komintern Sect, idoli del pubblico parigino e band storica della scena francese. E’ la terza o quarta volta che li vedo e, sarà il pubblico che è scatenato, sarà l’acustica davvero ottima, sarà che sono particolarmente in forma, insomma è il loro miglior concerto e un concerto davvero incredibile. Passano dai loro classici a qualche canzone tratta dal loro ultimo (ottimo) disco “Des jours plus durs que d’autres”, e suonano con una potenza che lascia senza parole. Io sono di parte perché comunque ritengo i Komintern Sect una band fantastica, ma penso che con un concerto come quello che hanno fatto sarebbero piaciuti anche a quelli che non li apprezzano (ma esistono davvero, poi?). “Tous ensemble”, “Unis par le vin”, “Les Années D’Acier”, “D’un meme voix”, insomma, tutti i loro classici. Chiusura finale con la loro classica cover di “Pour la gloire” dei Camera Silens, e con classica invasione di palco in grande stile (per fortuna il palco ha retto!). Io mi sono divertito e infatti vi ho fatto poche foto perché ho pensato a godermi il momento, non a voi lettori… dovevate venire! Davvero, un gran concerto, sono indeciso se sia stato il concerto migliore della serata o se siano stati meglio i Maraboots, è un testa a testa.
The crowd trembled for Komintern Sect, idols of the Parisian public and a historic band on the French scene. It’s the third or fourth time I’ve seen them, and maybe it’s because the crowd is wild, maybe it’s because of the really good acoustics, maybe it’s because they’re on top form, in short, it’s their best concert and a truly incredible concert. They go from their classics to some songs from their latest (excellent) album ‘Des jours plus durs que d’autres’ and they play with a power that leaves you speechless. I’m biased because I think Komintern Sect are a fantastic band anyway, but I think that with a concert like this, even those who don’t like them would have liked them (do they really exist?). “Tous ensemble”, “Unis par le vin”, “Les Années D’Acier”, “D’un meme voix”, in short, all their classics. They closed with their classic cover of Camera Silens’ “Pour la gloire” and a classic stage invasion in grand style (luckily the stage held up!). I had a great time and actually took very few photos, thinking I was enjoying the moment, not you readers… you had to come! Really, a great gig, I can’t decide if it was the best gig of the night or if the Maraboots were better, it’s neck and neck.
Inaspettatamente però ecco che i canadesi Schedule 1 piazzano un concerto che è una vera bomba! Dico inaspettatamente perché ok, nei giorni precedenti al concerto avevo sentito qualcosa di loro (giusto un paio di canzoni, lo ammetto) che in effetti mi erano piaciute, ma non mi aspettavo che dal vivo rendessero così tanto! Ed invece il quartetto canadese sa suonare e sa intrattenere, con un cantante davvero scatenato che non sta fermo un attimo per tutto il concerto. Post-punk cantato in inglese, davvero ritmato e coinvolgente, ottima sezione ritmica, qualche reminescenza oi e hardcore, pezzi vari tra di loro e tutti validi. Alla chitarra c’è il tipo dei Bishops Green. Il mio consiglio è: recuperate il loro disco! Loro sono nati da poco, tant’è che quando qualcuno a fine concerto gli chiede un’altra canzone, sono costretti a rispondere mestamente che non hanno altre canzoni, le hanno già suonate tutte!
Unexpectedly, however, the Canadian band Schedule 1 gave a concert that was a real blast! I say unexpected because, OK, in the days leading up to the concert I had heard some of their stuff (just a couple of songs, I admit) which I actually liked, but I didn’t expect them to be so good live! Instead, the Canadian quartet can play and entertain, with a really wild singer who doesn’t stand still for the whole concert. Post-punk sung in English, really rhythmic and involving, excellent rhythm section, some oi and hardcore reminiscences, different songs in between and all good. The guitarist is the guy from Bishops Green. My advice is: get their record! They have only just come into being, so much so that when someone asks them for another song at the end of the show, they are sadly forced to reply that they have no other songs, they have already played them all!
Per tirare le somme della serata, oltre a Maraboots e Komintern Sect, che sono fuori classifica e hanno fatto due tra i concerti migliori mai visti in vita mia, vengono subito dietro gli Schedule 1 che sono stati una sorpresa (l’ho già detto venti volte, lo so), Cran sempre una garanzia, comunque ampiamente sopra la sufficienza Samples, Wunderbach e No Class… per ora questo festival non ha sbagliato mezza band!!!
Ritorno a Parigi città un po’ sfigato causa tassista che scompare nel nulla lasciandoci ad aspettarlo al freddo finché non riusciamo a trovarne un altro (…), ma siamo comunque carichi per la seconda giornata!To sum up the evening, apart from Maraboots and Komintern Sect, who are off the charts and gave two of the best shows I’ve EVER seen, Schedule 1 are right behind them, who were a surprise (I’ve said it twenty times already, I know), Cran are always a guarantee, but well above the sufficiency of Samples, Wunderbach and No Class… so far this festival hasn’t missed half a band!!!
Returning to the city of Paris, a bit unlucky with the taxi driver who disappeared into thin air, leaving us to wait in the cold until we found another one (…), but we are recharged for the second day! -
Live Report: Bologna City Rockers Fest Settembre 2023
Syndrome 81, Youngang, Crim, Plakkaggio, Diario di Bordo, Morgana, Sacro Cuore, Sottotetto Soundclub, Bologna, 16.09.2023
Per varie traversie e sfighe assortite (causate in buona parte dal sottoscritto) la partenza per questo appuntamento con la nuova edizione del Festival affidato ai BCR è un calvario, e quando (finalmente) riusciamo ad arrivare al Sottotetto hanno già terminato di suonare i Sacro Cuore (a cui avrei dato volentieri una seconda chance dopo il loro live a Milano) e anche i Morgana di Firenze, di cui avevo sentito dire ottime cose e avrei visto molto volentieri (colmo della sfiga: quando cerco di accaparrarmi il loro LP, scopro che hanno finito anche quello…!).
Due to various mishaps and misfortunes (many of them my own), the journey to this appointment with the new edition of the festival entrusted to BCR is an ordeal, and when we (finally) arrive at the Sottotetto they have already finished playing Sacro Cuore (whom I would have loved to give a second chance after their live show in Milan) and also Morgana from Florence, whom I had heard good things about and would have loved to see (the height of bad luck!): When I tried to get her LP, I found out that they’d sold it too. ..! ).
Sul palco sono appena saliti i Diario di Bordo, agguerritissimi e carichissimi e con grinta da vendere. Li ho apprezzati anche su disco (“Al di là del buio” è un album molto molto interessante) ma dal vivo secondo me rendono di più, e il pubblico del sottotetto sembra confermare questa tesi, perché i presenti cantano per buona parte del loro set. Tutto questo nonostante, tocca dirlo, l’acustica del Sottotetto a questo giro sia piuttosto scarsa, per usare un eufemismo. La conformazione del Sottotetto non è facile da gestire (posto grande con un soffitto molto alto e pure un controsoffitto), ma in altre occasioni si sentiva bene; questa sera ci saranno alti e bassi ma prevarranno notevolmente i bassi. Peccato, anche se in fondo stiamo parlando di punk, per cui non stiamo troppo a sottilizzare su…
Comunque un ottimo inizio per il sottoscritto, che ci mette poco a entrare nel mood giusto della serata…Diario di Bordo have just entered the stage, fiercely charged and with plenty of grit. I have also appreciated them on record (‘Beyond the Darkness’ is a very, very interesting album), but I think they perform better live, and the audience at the Sottotetto seems to confirm this thesis, as those present sing along for most of their set. All this despite the fact that, it has to be said, the acoustics of the Sottotetto on this tour are rather poor, to put it mildly. The layout of the Sottotetto is not easy to deal with (it’s a big place with a very high ceiling and even a suspended ceiling), but on other occasions it has been possible to hear well; this evening there will be ups and downs, but downs will prevail considerably. It’s a pity, even if it’s punk we’re talking about, so let’s not care too much about it…
Anyway, a great start for me, who quickly gets into the right mood for the evening…Dopo di loro tocca ai Plakkaggio, band che ho visto tantissime volte anni fa, ma che è un po’ di tempo che non vedo live, e che si presenta con una formazione con ben due bassi, visto che a Chris si affianca Francesco, che per un periodo lo aveva sostituito al 4 corde.
L’ultima fase della carriera (ok, carriera mi fa cagare, ma non mi viene un altro termine) dei Plakkaggio ammetto di non averla seguita molto; sono più legato ai primi lavori della band, per dire, non ho mai sentito “Verso la vetta” (non so il perché, non l’ho fatto apposta, giuro!)! Per cui è la prima volta che sento una canzone che vedo essere tra i favoriti del pubblico quale “Birra in lattina”… per fortuna alcuni classici come “Leggenda”, “Granito”, “BPD” o “Cernunnos” sono sempre presenti in scaletta. Per una canzone (mannaggia a me, non ricordo più quale) viene anche invitato a cantare sul palco una vecchia conoscenza della scena Oi!, Kranio. Gran finale con “I nostri anni” cantata a gran voce dal pubblico, pubblico che per tutta la durata del concerto non ha mai smesso di pogare, cantare e lanciarsi in continui stage diving, confermando come la band romana sia tra le più amate e seguite della scena. Plakkaggio in ottima forma quindi!Next up is Plakkaggio, a band I saw many times years ago, but haven’t seen live for a while, and they present themselves with a two-bass line-up, as Chris is joined by Francesco, who replaced him on the 4-string for a while.
The last phase of Plakkaggio‘s career (OK, career makes me shit, but I can’t think of any other term), I admit I haven’t followed it much; I’m more attached to the band’s earlier works, to say I’ve never heard ‘Towards the summit’ (I don’t know why, I didn’t do it on purpose, I swear!)! So this is the first time I’ve heard a song that I can see becoming a crowd favourite like ‘Beer in a Can’… luckily some classics like ‘Leggenda’, ‘Granito’, ‘BPD’ or ‘Cernunnos‘ are always present in the setlist. For one song (damn, I can’t remember which one) an old acquaintance of the Oi! scene, Kranio, is also invited to sing on stage. The grand finale with “I nostri anni” was sung loudly by the audience, an audience that never stopped pogoing, singing and stage diving throughout the concert, confirming that the Roman band is one of the most loved and followed on the scene. Plakkaggio at their best!Tocca ora ai primi ospiti stranieri della serata, i Crim da Tarragona, Spagna o Catalunya a vostra discrezione. Ricordo che li avevo visto tanti anni fa (sono andato a controllare, era il 2017, 6 anni fa) e ricordo che onestamente non mi avevano colpito molto, anzi. Questa sera però li trovo più in forma, la voce del cantante sembra migliorata (certe volte anche su disco è davvero troppo roca) come in generale il resto della band, il loro punk rock dalle svariate influenze magari non mi lascia un segno indelebile ma devo dire che non mi lascia nemmeno indifferente. 45 minuti di buon livello, e loro sembrano simpatici.
It is now the turn of the first foreign guests of the evening, Crim from Tarragona, Spain or Catalonia, whichever you prefer. I remember seeing them many years ago (I went back to check, it was 2017, 6 years ago) and I remember that they really did not impress me, quite the opposite. This evening, however, I find them in better shape, the singer’s voice seems to have improved (sometimes even on the record it’s really too hoarse) as well as the rest of the band in general, their punk rock with varied influences may not leave an indelible mark on me, but I must say that it doesn’t leave me indifferent either. 45 minutes of good level and they seem nice.
A questo punto sarebbe l’ora degli Youngang, su cui devo dire che non sarò imparziale in quanto gli Youngang sono uno di quei gruppi che ha segnato la mia adolescenza, sono stati tra i primi gruppi oi! che ho ascoltato e che ho visto dal vivo e insomma, al cuore non si comanda, tanto che aspetto con più impazienza loro che i Syndrome 81 (e i Syndrome 81 mi piacciono un sacco!). Purtroppo seguo delle cattive compagnie, che mi portano a bere al baretto esterno del Sottotetto in concomitanza con l’inizio del concerto. Appena sento le prime note mi fiondo dentro e conquisto (a fatica) le prime posizioni, ma intanto mi sono perso “Youngang birra e guai”, “Il santo” e “Lottano tra loro”, e questo non me lo perdonerò mai. Ragazzi state lontani dall’alcol, mi sono perso la corsa della vita per quella robaccia (questa è una citazione buttata lì per far vedere che ne so a pacchi, bravo a chi l’ha colta).
Sgombriamo subito il campo da una delle polemiche pre concerto (almeno una, dai), ovvero chi ha storto il naso per l’assenza di Eugenio (Bull Brigade, per chi avesse vissuto gli ultimi anni sulla Luna)alla voce: gli Youngang esistevano prima di Eugenio, anzi alcune delle cose migliori le hanno fatte con il primo cantante, quindi non mi pare il caso di strapparsi i capelli (che già ce ne rimangono pochi). Anzi, a dire il vero, l’unica pecca del concerto è che potevano essere riprese alcune delle vecchie canzoni, mentre invece la scaletta si concentra molto sul MCD “Canzoni ribelli” (su cui oh, comunque, niente da dire eh) che forse dal vivo fa più effetto “cori e canti tutti assieme”.
Per il resto, gli Youngang non sono mai stati dei virtuosi, però stavolta li ho trovati anche molto cresciuti dal punto di vista tecnico; per il resto concertone, tutti a cantare in coro ecc ecc. Addirittura hanno un pezzo nuovo! Chi se lo sarebbe mai aspettato! E non è nemmeno male. Per quanto riguarda il nuovo cantante, promosso, anche se (paradossalmente) nella gestualità ricorda un po’ proprio Eugenio (o almeno, a me è parso così). Tre quarti d’ora di fuoco, nessun bis però, maledizione (anche perché all’ultimo secondo gli è mancato Toffee, il secondo chitarrista, quindi formazione un po’ improvvisata).At this point it was time for Youngang, about whom I must say that I will not be impartial, as Youngang are one of the bands that marked my adolescence, they were among the first oi! bands I listened to and saw live, in short, the heart wants what the heart wants, so much so that I wait for them more impatiently than for Syndrome 81 (and I like Syndrome 81 a lot!). Unfortunately, I followed some bad company who took me to the little bar in front of the Sottotetto for a drink at the start of the concert. As soon as I heard the first notes I rushed in and (with some difficulty) took the first seats, but in the meantime I had missed ‘Youngang birra e guai’, ‘Il santo‘ and ‘Lottano tra loro’, and I will never forgive myself.
Let’s get rid of one of the pre-concert controversies (at least one, come on), namely those who turned up their noses at the absence of Eugenio (Bull Brigade, for those who have been living on the moon for the last few years) on vocals: Youngang existed before Eugenio, in fact some of the best things they did were with the first singer, so I don’t think there’s any need to pull out our hair (which is already very little). In fact, to tell the truth, the only flaw of the concert is that some of the old songs could have been played again, while the setlist concentrates a lot on the MCD ‘Canzoni ribelli’ (about which, by the way, nothing to say eh), which perhaps sounds more ‘choruses and songs all together’ live.
As for the rest, Youngang have never been virtuosos, but this time I found them very technically mature; otherwise a great concert, everyone singing in the choir etc. etc. They even have a new song! Who would have ever expected that! And it’s not bad either. As for the new singer, he was promoted, even if (paradoxically) his gestures reminded me a little of Eugenio (or so it seemed to me). Three-quarters of an hour of fire, no encores though, damn it (also because they missed Toffee, the second guitarist, at the last second, so it was a bit of an improvised line-up).Siamo arrivati quindi all’ultimo gruppo della serata, e si finisce col botto! Prima volta in Italia dei Syndrome 81 da Brest, che sono un po’ sulla bocca di tutti dopo il loro ultimo splendido disco. Rifanno quasi integralmente “Prisons imaginaires” e molte canzoni da “Béton nostalgie” (disco che rivalutato molto nell’ultimo periodo), pubblico preso benissimo, pogo micidiale, tutti sono felici. Dal vivo mantengono qualche suggestione cold wave ma sono decisamente più punk-hardcore (forse temo che qualcosa ce la siamo persa con l’acustica), cosa che li rende magari un pochino meno particolari ma gli dà una carica non comune. Dal vivo sono lanciatissimi, e sanno benissimo come ci si muove sul palco. Ottimo gruppo, davvero c’è poco da aggiungere se non che se ve li siete persi dovete assolutamente recuperare!
Finale di serata come al solito affidato a DJ che continuano a far ballare i presenti, ad una certa la stanchezza prende il sopravvento, ancora complimenti ai Bologna City Rockers, capaci ogni volta di organizzare tra i pochi festival italiani di respiro europeo.Then we come to the last band of the evening and we end with a bang! First time in Italy for Syndrome 81 from Brest, who are the talk of the town after their last great album. They played almost all ‘Prisons imaginaires’ album and many songs from ‘Béton nostalgie’ (a record I have been revaluating a lot lately), the audience was very good, the pogo was killer, everyone was happy. Live, they retain some Cold Wave references, but are decidedly more punk-hardcore (perhaps I fear we missed something with the acoustics), which perhaps makes them a little less special, but gives them an unusual charge. Live they are very much on the ball and know their way around the stage very well. A great band, there is really little to add except that if you missed them, you must catch up!
As usual, the end of the evening was left to the DJs, who kept the crowd dancing and, at a certain point, tired. Congratulations once again to the Bologna City Rockers, who always manage to organise one of the few Italian festivals with a European dimension. -
Doppia Recensione: Steno e Gli Avvoltoi + Dalton
Incredibile ma vero, un articolo che non è un live report! Ora nevica!
Gli Avvoltoi & Steno “Un uomo rispettabile/ Scenderemo nelle strade”, Ostia Records, 7″, 2023
I simboli di Bologna? Le due torri, i tortellini, i portici, gli studenti fuorisede de sinistra, Piazza Maggiore, la curva Andrea Costa… e i Nabat e Steno. Ma un marchio indelebile della controcultura bolognese sono anche Gli Avvoltoi, band beat 60s attiva dall’85/86 e capitanata dall’inossidabile Moreno Spirogi, autrice di ottimi album cult come il debutto “Il nostro è solo un mondo beat” (recuperatelo) e di innumerevoli singoli.
Inoltre (e qui mi dò delle arie da uomo di cultura), Gli Avvoltoi vengono citati spesso nei libri dello scrittore bolognese Gianluca Morozzi, mio pallino personale (autore anche di un bel libro sugli Skiantos, ma vi invito a recuperare anche qualcuno dei suoi libri di fiction, e qui chiudo la parentesi intellettuale, che andiamo fuori rotta).
Tutto questo preambolo per dire che se non conoscete Gli Avvoltoi siete i soliti poseuroni panc e schin che pensano solo alla birra di bassa qualità e alle calze a rete di qualche panchettina o ai tigers di qualche panchettone (cito prima il pubblico maschile non per sessismo ma perchè guardo le statistiche di chi frequenta il benemerito canale YouTube della casa, e se tanto mi dà tanto qui è la solita sagra della salsiccia [io qui non uso cookies o altro, fottesega di chi legge o non legge, e le statistiche su YouTube le leggo solo quando mi annoio, ndR]).
Ma dai che si scherza, lo faccio per provocarvi, qui si accettano anche i testoni come voi, e persino i fan dei Blink 182!
Vabbè, andiamo al sodo: 7″ prodotto dalla benemerita Ostia Records, due canzoni già viste e già sentite in più salse: “Un uomo rispettabile” è la cover dei Kinks (“A well respected man”, potevate anche arrivarci da soli) che i beat bolognesi reinterpretano (e dico “reinterpretano” e non semplicemente “coverizzano”, visto che non si limitano a fare il compitino ma testo e in parte arrangiamento sono diversi e frutto di un lavoro decisamente “rispettabile” [gomitino gomitino]) da diversi anni, sia dal vivo sia in uno dei loro primi singoli. La versione col vocione di Steno convince e stravince, è paradossalmente modernizzata e al tempo stesso perfettamente retrò (ottimo il lavoro di Pecos in studio; e questa non è una sorpresa). Ma sa stupire (e quanto!) anche il lato B, in cui “Scenderemo nelle strade” (dove la parte di Steno è limitata a qualche coro, e canta invece il buon Moreno) riesce a rimanere in miracoloso equilibrio con una canzone che da inno stradaiolo schineddpancardecore goduriosamente populista e popolare diventa canzone vera e propria, interpretata col giusto mix di schiettezza, umorismo (oi! fatti una risata) e rispetto del materiale originale.Ho usato insomma un sacco di paroloni nel tentativo di rintontire quelle vostre zucche vuote e spingervi a comprare un disco suonato cantato e composto da vecchiacci che però sanno essere più freschi e sul pezzo di tanti giovinastri senz’arte né parte. Lunga vita ai beat boomer! Edizione limitata a 200 copie se questo eccita il vostro fetish da collezionisti. Troviamo un difetto? Dai troviamolo: avrei fatto il vinile col buco grande anni ’60 (che poi non è manco vero, io quei dischi li odio perché poi quando voglio ascoltarli non trovo mai l’adattatore).
The symbols of Bologna? The two towers, the tortellini, the porticoes, the left-wing students, Piazza Maggiore, the Andrea Costa terrace… and Nabat and Steno. But an indelible mark of the Bolognese counterculture is also Gli Avvoltoi, a ’60s beat band active since ’85/’86, led by the stainless Moreno Spirogi, author of excellent cult albums such as their debut ‘Il nostro è solo un mondo beat’ (Catch it up) and countless singles.
Moreover (and here I am showing off as a man of culture), Gli Avvoltoi are often mentioned in the books of the Bolognese writer Gianluca Morozzi, a personal favourite of mine (also the author of a fine book on Skiantos, but I invite you to pick up some of his fiction books, and here I close the intellectual parenthesis, lest we go off course).
All this preamble to say that if you don’t know Gli Avvoltoi, you are the usual poseur punk or schin who only think about bad beer and the fishnets of some young punk girl or the tigers of some punk guy (I mention the male audience first, (I mention the male audience first, not out of sexism, but because I look at the statistics of those who visit the house’s prestigious YouTube channel, and if I’m not mistaken, it’s the usual sausage fest [I don’t use cookies or anything here, fuck who reads or doesn’t read, and I only read YouTube statistics when I’m bored, ed]).
Come on, it’s a joke, I’m doing it to provoke you, even Blink 182 fans are accepted here!
Anyway, let’s get down to business: 7″ produced by the well-deserving Ostia Records, two songs we’ve already seen and heard in many different ways: “Un uomo rispettabile” is the Kinks‘ cover (“A well respected man”, you could have worked that out for yourself) that the Bolognese beat band have been reinterpreting (and I say “reinterpreting” and not simply “covering”, because they don’t just do their homework, the lyrics and some of the arrangements are different and the result of a decidedly “respectable” work) for several years, both live and on one of their first singles. The version with Steno’s big voice is convincing and overwhelming, paradoxically modern and perfectly retro at the same time (Pecos’ studio work is excellent; and this is no surprise). But it also surprises (and how!) on the B-side, where ‘Scenderemo nelle strade’ (where Steno’s vocal part is limited to a few choruses and the good ol Moreno is singing instead) manages to maintain a miraculous balance with a song that goes from being a skin/punk/hardcore street anthem to being a real song, interpreted with the right mix of candour, humour (oi! fatti una risata) and respect for the original material.
In short, I’ve used a lot of big words to try and numb your empty heads and encourage you to buy a record played, sung and composed by old farts who are fresher and more up to date than many young, artless kids. Long live the beat boomers! Limited edition of 200 copies, if that excites your collector fetish. Can we find a flaw? Let’s find it: I would have made the vinyl with the big 60s hole (which is not even true, I hate those records because when I want to listen to them I can never find the adapter).Dalton “Sappi/ Ti conviene” Hellnation, 7″ 2023
Altro giro altro beat, anzi altro Beat, anzi ancora altro BeatPunk. Devo dire che quando il lato A dei Dalton ha iniziato a girare ho guardato un po’ stranito il mio giradischi (che sonnecchiava da un paio di settimane) chiedendogli/mi se avevo messo il disco giusto.
Eh già eh già, i Dalton non hanno mai smesso di rinnovarsi ed evolversi, che detta così sembra una brutta roba da gruppo prog rock lanciato verso concept album con canzoni da 7 minuti e mezzo, ma in realtà,molto più semplicemente, questa “evoluzione” ci ha regalato 3 album diversi tra loro eppure tutti molto buoni come “Come stai”, “Deimalati” e “Papillon”.
Questo nuovo singolo, uscito un po’ a sorpresa a settembre, ci presenta due nuove canzoni del combo romano di Boot Boy che dopo aver esplorato punk, pub rock, rock and roll e cantautorato italiano questa volta spinge sul pedale del Beat Punk molto più di prima. “Sappi” è un pezzo pur sempre alla Dalton, fatto di rime baciate che a volte sembrano ingenue pur non essendolo (scuola Battisti), che scorre leggero (con una voce più delicata del solito) e che pur centrando il punto questa volta colpisce forse un po’ meno che in passato. Cioè, va tutto bene, ma visto come i romani ci hanno viziato in passato, è difficile accontentarsi. Il lato B, “Senza eroi” invece è più classicamente Dalton, pezzo un po’ più sporco che richiama alla mente (o sarà un impressione data dal titolo?) i loro concittadini Klaxon e qualcosa di punk 77 e pub rock. Lato B un cazzo. Niente male.
Confezione scarna (niente foglietto interno), adatta ad una band che si preoccupa più del contenuto che della forma con testi in bianco e nero ma con i credits in un rosso che mi causa ogni volta la perdita di svariate diottrie.
In poche parole, coraggioso e bello, ma per placare la fame ci vuole un album intero.Another beat, indeed another beat, indeed yet another BeatPunk. I have to say that when Dalton‘s A-side started spinning, I looked at my turntable (which had been dormant for a couple of weeks) a bit strangely and wondered if I had put on the right record.
Yep, yep, yep, Dalton have never stopped renewing and evolving, which when put like that sounds like the bad stuff of a prog rock band launching into 7 1/2 minute song concept albums, but really, more simply, this ‘evolution’ has given us three albums as different yet all very good as ‘Come stai’, ‘Deimalati’ and ‘Papillon’.
This new single, released somewhat surprisingly in September, introduces us to two new songs from Rome’s Boot Boy combo, who, after exploring punk, pub rock, rock and roll and Italian singer-songwriting, this time push the beat punk pedal much harder than before. “Sappi” is still a Dalton-esque tune, made up of kissed rhymes that sometimes sound naïve even though they are not (à la Battisti [notorious italian folksinger]), that flows easily (with a more delicate voice than usual) and that, while hitting the mark this time, perhaps a little less than in the past. That’s all well and good, but considering how this Romans have spoiled us in the past, it’s hard to be satisfied. The B-side, ‘Senza eroi’, is more classic Dalton, a slightly dirtier track that brings to mind (or is it an impression given by the title?) fellow countrymen Klaxon and something of Punk 77 and pub rock. Side B my ass. Not bad.
The packaging is sparse (no booklet inside), as befits a band that cares more about content than form, with black and white lyrics, but with credits in a red that makes me lose several dioptres every time.
In short, brave and beautiful, but I need a whole album to satisfy my hunger.